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Un’ora in più di italiano, ma i dati del Censis sono impietosi

Due notizie di questi giorni hanno attirato la mia attenzione. I risultati dell’indagine del Censis e quella relativa al liceo Minghetti di Bologna che all’unanimità del collegio docenti, ha chiesto un’ora in più di italiano per gli studenti del biennio.

La prima notizia, a differenza della seconda, viene da chi non opera quotidianamente nel modo scuola ma pensa di conoscerla attraverso le fredde percentuali che non ne spiegano le cause che regolarmente della caduta del sistema scolastico.
Non è una critica al Censis che fa il suo lavoro ma è una critica al lavoro che è sempre mancante di una analisi e si limita alla pubblicazione delle nude e crude percentuali.
Il Censis mi fa pensare a quegli analisti economici che spiegano le ragioni della caduta della borsa ma … la spiegano dopo il crollo e mai prima.

Per capire, secondo me, le ragioni dello stato attuale della scuola bisogna risalire a qualche decennio fa.
Negli anni 90 i due grandi settimanali di allora L’Espresso e Panorama avevano l’abitudine di pubblicare ogni anno in maggio una indagine sulle conoscenze degli studenti italiani.
Ricordo un anno i titoli cubitali della prima pagina in cui annunciavano che gli studenti italiani confondevano Socrate con Socrates, il giocatore brasiliano della Roma. Altre perle erano elencate nell’articolo.

Anche allora, come fa il Censis adesso, la conclusione finale e sbrigativa era “la scuola non funziona. La scuola non prepara”. La memoria selettiva di quei settimanali e del Censis porta a cancellare i “suggerimenti” che questi signori dispensavano/dispensano al sistema scolastico nel corso dell’anno.
In quel periodo, come anche oggi, ogni qualvolta emerge una problematica sociale tutti hanno la soluzione in tasca. Se ne deve occupare la scuola.

In quegli anni ricordo i corsi fatti a scuola dai distretti sanitari per affrontare una sessualità consapevole ed evitare gravidanze precoci e indesiderate. I corsi e i rischi dell’alcolismo che era uno dei motivi degli incidenti mortali del sabato sera. In questo contesto ricordo i corsi per acquisire il patentino. Ricordo la nascita dei primi centri ecologici e i corsi per la raccolta differenziata delle immondizie. Ricordo i corsi sulla conoscenza del territorio.

Insomma, c’era una pletora di iniziative che sottraevano tempo alle tradizionali lezioni. Alla fine dell’anno però si testavano le conoscenze culturali alle quali erano state sottratte ore preziosi. Mai una spiegazione da parte di questi giornali o di chi si occupava di scuola pensando di conoscerla. Quella situazione si è evoluta nel tempo fino ad arrivare ai nostri giorni riducendo le ore di italiano (vedi la fantasmagorica Gelmini) e introducendo i famigerati “progetti” che servono solo a far accedere una parte dei docenti ai fondi di istituto e nello stesso tempo diminuiscono le ore di insegnamento curricolare.

Le indagini di valutazione però testano le conoscenze e la capacità di comprensione di un testo. E quindi si evidenzia che non conoscono la letteratura contemporanea, non sanno scrivere ecc ecc.
L’anno scolastico è suddiviso in 33 settimane. Con tre ore di italiano in media per ogni scuola vuol dire 99 ore in un anno. Se a queste sottraiamo le ore dedicate ai compiti in classe/verifiche, alle ore di correzione e quindi di spiegazioni in classe, alle ore di partecipazione ai vari progetti, alle uscite/gite, alle visite di istruzione … ecc ecc mi dite quante ore effettive di lezione ed eventualmente di spiegazione/esercitazione restano?

All’inizio sottolineavo che le due notizie si differenziano dal fatto che una viene direttamente dall’interno del mondo della scuola.

Credo sia chiaro adesso di questa mia sottolineatura. Il mondo della scuola che conosce profondamente le cause del “degrado/caduta” si attrezza per trovare soluzioni e non si limita alla semplice esposizione delle fredde percentuali né si permette di continuare a pontificare né a scaricare sulla scuola tutte le problematiche sociali che man mano emergono e che altri non affrontano.

E’ forse colpa della scuola la mancata educazione al rispetto della donna? (questo solo per fare l’ultimo esempio in ordine di tempo). Eppure non si trova nulla di meglio da dire che scaricare ulteriormente il problema sulla scuola. Non sono forse le stesse istituzioni che ignorano il vero mondo della scuola a contribuire anche all’assoluzione delle famiglie e della società in genere?

Concludo ricordando che lo stesso ministero o i suoi organi intervengono quando notano che c’è qualche bocciatura in più in alcune scuole.  E allora blaterano tirando in ballo la parola magica. Inclusività.  Cosa voglia dire questa parola nessuno lo sa ma tutti hanno capito che è sinonimo di promozione garantita e comunque. E le scuole e i DS si adeguano. 

Mario Lorenzo

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