Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in collegamento al convegno di Ibc sui consumi, è ritornato su un tema assai caro all’artigianato e all’industria italiana: il Made in Italy.
”Valorizzeremo il nostro Made in Italy nel Consiglio dei ministri di fine aprile. Vogliamo mettere l’impresa e il Made in Italy al centro del nostri pensieri, con l’aumento delle nostre esportazioni di qualità, dove al centro sta la persona, attraverso l’alimentazione, quello che si indossa con la nostra moda e terzo elemento l’arredamento. L’Italia nel mondo si identifica con lo stile di vita. Nell’epoca di internet emerge la persona, che diventa elemento trainante di tutta la nostra produzione e la narrazione di come è stato prodotto”.
Le dichiarazioni di Urso sono importanti perché richiamano quanto promise in campagna elettorale la destra di Giorgia Meloni in tema di istruzione: l’istituzione cioè di un “Scuola del made in Italy”.
Non si è capito ancora bene di cosa si tratti esattamente e come dovrebbe essere strutturata: se come corso di studi a parte, sul tipo della scuola alberghiera, o se come materia curricolare all’interno dell’orario di un qualche istituto professionale, in somiglianza insomma di Cittadinanza e costituzione che ha eroso ore a altre discipline.
Urso tuttavia ha ancora precisato, puntando su questa idea del Made in Italy: ”L’indice di fiducia sia delle imprese che dei consumatori, ed è importante che coincidano, cresce nel nostro Paese. C’è maggiore fiducia dell’impresa e c’è maggiore fiducia dei consumatori, nella capacità del sistema Italia di competere nella sfida globale”.
Meloni, in campagna elettorale aveva affermato: Noi invece dobbiamo difendere quel marchio del Made in Italy perché nel tempo della globalizzazione non competiamo sulla quantità del prodotto, ma c’è una cosa sulla quale nessun altro compete con noi: la qualità del prodotto. Bisogna investire su questo, difendere il marchio, formare i nostri giovani. Voglio in Italia un liceo del made in Italy che formi i giovani per dare continuità a una serie di settori della nostra economia che rischiano di essere totalmente perduti“.
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