“Violati i diritti di una studentessa trasgender“ ma la decisione del Dipartimento all’Educazione dell’amministrazione Usa, è senza appello.
Il caso preso in esame, scrive Il Fatto, è quello di una studentessa trasgender, che identifica se stessa come donna. Alla ragazza non vengono riconosciuti gli stessi diritti degli altri studenti. Dopo mesi di negoziati, le è stato sì permesso di giocare nelle squadre sportive femminili della scuola frequentata alla periferia di Chicago. E le è stato anche consentito di usare i bagni per le ragazze. Ma negli spogliatoi sono stati approntati camerini e docce a suo uso esclusivo. “Riconosciamo il diritto della ragazza, ma dobbiamo riconoscere anche il diritto alla privacy delle altre studentesse”, è stata la posizione della scuola.
L’American Civil Liberties Union, che ha assistito la ragazza nella causa, aggiunge anche che nel corso dell’inchiesta la scuola ha anche cercato di negare “l’identità femminile “ della studentessa trasgender.
A questo punto la scuola, che si trova a Palatine, nei sobborghi nord-est di Chicago, si trova di fronte a una scelta. O riconoscere i diritti della ragazza, o perdere i 6 milioni di finanziamenti federali che riceve ogni anno. Il caso si trascina da mesi, con la scuola di Palatine che, rispetto ad altre vicende simili del passato, ha cercato volontariamente molta pubblicità. Alla studentessa è stato appunto riconosciuto il diritto di partecipare agli sport con le squadre femminili. Lo staff della scuola le si rivolge con il nome da donna e con il pronome “she”. Ma, appunto, l’accesso agli spogliatoi le è stato precluso.
“Abbiamo ricevuto diverse proteste da parte delle altre studentesse, e almeno un genitore si è lamentato”, spiega la scuola. Gli avvocati della “Thomas More Society”, un gruppo religioso che ha assistito la scuola, spiegano che gli spogliatoi sono diversi dai bagni, “e che quando uno si trova negli spogliatoi, ha diritto a una certa privacy visuale. La scuola ha mostrato di essere capace di accogliere e ascoltare i bisogni della ragazza transgender, ma anche le richieste di tutte le altre studentesse. Ci sono persone che si sentono a disagio, nello spogliarsi di fronte ad altre”.
La posizione dell’American Civil Liberties Union, che ha patrocinato la studentessa, è stata invece diversa.
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