Usa, la bassa formazione preludio alla disoccupazione. A rischio i figli di immigrati
È un inserimento nel mercato del lavoro difficoltoso quello dei figli di immigrati. Soprattutto negli Stati Uniti, dove è stato di recente realizzato un legame con la loro formazione scolastica decisamente inferiore alla media del Paese. L’allarme è stato lanciato dall’organizzazione filantropica Foundation for Child Development, che analizzando dei dati che vanno dal 1994 al 2010 ha puntato i riflettori sulle famiglie di ispanici in America, che spesso non parlano o faticano a parlare inglese. “Abbiamo bisogno di lavoratori con una buona formazione perché l’economia moderna richiede sempre più conoscenze“, ha detto Randy Johnson, vice presidente della Camera di commercio americana, sottolineando che la disoccupazione è al 13 per cento tra chi non ha fatto il liceo e al 4 per cento tra chi ha ottenuto almeno una laurea di primo livello. Il fenomeno è tutt’altro che marginale: un quarto dei bambini che vivono in America, secondo il Wall Street Journal, ha almeno un genitore nato all’estero. Cresce soprattutto l’immigrazione da Sud America e Asia, iniziata negli Anni Ottanta e aumentata significativamente negli ultimi. Ed è proprio l’immigrazione da America Centrale e Sud America a preoccupare di più sul fronte dell’educazione. I bambini con origini messicane e di altri Paesi del Centro America, infatti, sono i più propensi ad abbandonare la scuola per iniziare a lavorare da giovanissimi, seguiti da quelli di famiglie provenienti da Haiti o dalla Repubblica Dominicana. Come se non bastasse, circa il 25 per cento dei figli di immigrati lascia le scuole superiori prima della fine. Contro il 18 per cento registrato tra chi ha genitori nati negli Stati Uniti.
Oltretutto, i problemi non riguardano soltanto l’istruzione. La percentuale di bambini senza assicurazione sanitaria tra i figli di immigrati è il doppio rispetto a quella registrata tra i bambini di genitori nati in America ed è quasi raddoppiata al 14 per cento, dall’8 per cento nel 2010. Circa un terzo, inoltre, vive in stato di povertà, contro il 19 per cento tra chi ha genitori nati all’interno del Paese.