Le chiusure di attività commerciali, imprese e le limitazioni imposte alla circolazione hanno avuto un impatto negativo – se non pessimo – sulla psiche e l’economia, rendendo instabile ed aleatorio ciò che sino a due anni fa sembrava gestibile. La chiusura delle scuole in tutto il mondo ha indotto una crisi della didattica – e conseguenti abilità e competenze – e delle modalità e metodologie di somministrazione: scuole chiuse, un monitor, difficoltà tecniche all’ordine del giorno per gli insegnanti di un mondo digitalizzato molto – o troppo – in fretta. Anche la cura – ordinaria o straordinaria che sia – delle strutture e delle pertinenze scolastiche ha subito una brusca interruzione e la conseguente programmazione secondo la retorica ‘quando tutto sarà finito’. Durante il proliferarsi di tali retoriche, le scuole del Belpaese cominciavano – o meglio continuavano – a cadere a pezzi e a divenire sempre più insicure.
Il caso USA: piani massicci di ripresa per una didattica a più ambienti
Gli USA, negli scorsi mesi, si sono distinti per gli investimenti sul fronte dell’istruzione e della formazione continua, con il tentativo di ripristinare – o meglio recuperare – il possibile in termini di produttività intellettuale di un sistema altamente in crisi e sull’orlo di un precipizio. Durante l’emergenza sanitaria le lezioni si sono avvalse della DAD e i laboratori annessi (musica, scultura, arte e disegno) sono stati soppressi. Il deperimento dei luoghi in cui queste attività erano svolte ha segnato un punto di non ritorno: l’occasione terribile dell’emergenza sanitaria poteva essere colta per ammodernare le strutture e svolgere la manutenzione necessaria; ma non c’era spazio, almeno pare, in un discorso pubblico intriso di mortalità, valori RT e positivi giornalieri. La riapertura prossima delle scuole ha permesso di varare investimenti seri per l’ammodernamento delle strutture e per la riattivazione di laboratori precedentemente soppressi.
Il caso del Belpaese: gare, appalti e…immobilismo
Circa il 45 % delle scuole dello Stivale sono state realizzate prima del 1976 ed un’alta percentuale, secondo perizie svolte, sarebbe di fatto inagibile per rischi di sicurezza. Per non parlare poi dell’assente manutenzione e della qualità dei materiali – e delle tecniche costruttive – decisamente inadeguate e scadenti, per le quali occorrerebbero intervanti urgenti ed immediati. L’emergenza sanitaria ha indirizzato il discorso pubblico e scolastico sul tema della salubrità: come garantire la sicurezza degli studenti, docenti e personale scolastico in vista di un nemico invisibile come il Sars-CoV-2? Si è parlato molto degli impianti di aerazione e ozonizzazione, installati raramente nei plessi. In quei rari casi in cui le scuole riescano ad aggiudicarsi un fondo sono necessari lunghi e faticosi itinerari burocratici legati ad appalti e gare relative con attese praticamente infinite. Ci si auspica che i sempre laudati fondi del PNRR, almeno in parte, vengano investiti in una direzione: sicurezza, innovazione e garanzie per la scuola.