Le polemiche sulla vigilanza scuola dei bambini non sembrano placarsi, nemmeno dopo la proposta della deputata Malpezzi di presentare un emendamento per la famosa “liberatoria”.
Come scritto in precedenza, si starebbe pensando, dato l’iter molto lungo complesso per approvare il decreto, di includere la questione nella legge di Bilancio. In quel caso, ci sarebbe tempo fino alle 12 di venerdì 10 novembre, giorno entro cui bisogna presentare le proposte di modifica al testo della manovra.
Tutto è nato dall’ordinanza della Corte di cassazione n. 21593 depositata il 19 settembre scorso, che ha provocato difformi prese di posizione delle parti interessate, si legge su Italia Oggi, ossia genitori e familiari, personale scolastico e ministero dell’istruzione: un polverone sollevato da agitazioni prive, in molti casi, di attente letture di norme e sentenze.
Infatti, come ribadito più volte da questa testata, la Cassazione ha rigettato le tesi del Miur, come in precedenza i giudici del tribunale di Firenze, stabilendo la responsabilità in capo alla scuola, e quindi al ministero, perché con il proprio regolamento, quell’istituto si era fatto carico (facendo nascere un vero patto contrattuale) “di far salire e scendere dai mezzi di trasporto, davanti al portone della scuola, gli alunni” ed ulteriormente demandando al personale medesimo la vigilanza in caso di ritardo: in altri termini il contratto nascente dall’iscrizione comporta il rispetto di tale specifico adempimento promesso in atti (codice civile art. 1218).
Quindi, una volta per tutte, nel caso della sentenza in questione, il fattore principale è dato dal regolamento d’istituto adottato da quella scuola condannata. Punto
All’indomani della sentenza della Cassazione, i presidi di quasi tutta Italia hanno iniziato a far girare circolari che costringono i docenti e il personale ATA a restare ostaggi della scuola insieme agli alunni di scuola media, in attesa dell’arrivo dei genitori, andando anche a ledere le norme contrattuali, che prevede la responsabilità della vigilanza dell’insegnante sugli alunni durante l’intero svolgimento delle lezioni, inoltre, come previsto dal comma 5 dell’art.29 del CCNL scuola, per assicurare l’accoglienza e la vigilanza degli alunni, gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe 5 minuti prima dell’inizio delle lezioni e ad assistere all’uscita degli alunni medesimi.
Quindi, da nessuna parte è scritto che i docenti devono restare a scuola in attesa della consegna degli alunni.
Semmai, parlando di responsabilità, possiamo ricordare che il CCNL comparto scuola, sancisce esplicitamente che il profilo professionale di Area A del personale ATA, che corrisponde ai collaboratori scolastici, è tenuto a rispettare le “mansioni di accoglienza e sorveglianza degli alunni nei periodi immediatamente e antecedenti e successivi all’orario delle attività didattiche”.
Quando la ministra Fedeli parla di rispetto della legge, continua Italia Oggi, senza tuttavia indicarne una in specifico, pare si riferisca all’art. 591 del codice penale che è norma di antica concezione (un regio decreto del 1930) ma di carattere generale, certamente di epoca nella quale non vi era una maniacale custodia e sorveglianza degli alunni che si recavano a scuola; situazioni per le quali nessun caso di violazione è emerso.
Su questo punto la giurisprudenza ha senza dubbio espresso altri pareri, come ad esempio la condanna di un’autista del trasporto scuola che aveva lasciato un bambino alla fermata in una serata di pioggia battente e in strada buia e altamente trafficata.
Nel caso della scuola in questione, tuttavia una situazione di tanto oggettivo pericolo non è normalmente e usualmente ravvisabile; anzi nel caso della nota sentenza nulla sarebbe accaduto se l’autista (pure condannato in sede penale, sentenza n. 17574/2010 Cass.) si fosse fermato in presenza dei bambini che stavano uscendo.
Pertanto, se si vuole procedere verso questa deresponsabilizzazione della scuola in termini di vigilanza, ben venga. Ben venga la liberatoria da far firmare ai genitori. Ma sarebbe il caso che si facesse chiarezza una volta per tutte sulla questione, senza portare riferimenti normativi aleatori e, cosa non secondaria, evitare di sfruttare il momento confusionario per mettere sul carro delle campagne elettorali un tema molto delicato.
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