Usare gli smatphone in classe per apprendere sarebbe meglio di no, visto l’uso smodato e improprio che si fa di questo strumento. Sarebbe il caso di valutare con molta attenzione alla luce degli avvenimenti spiacevoli che si registrano nelle aule e, quindi, converrebbe limitarne (o meglio ancora) proibirne l’uso durante le ore di lezione perché creano disturbo e non favoriscono un apprendimento costruttivo.
Il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Valeria Fedeli ha dato il suo beneplacito per l’utilizzo dello smartphone quale strumento indispensabile per la didattica, ma nel contempo ha invitato gli studenti a farne un uso responsabile e i docenti a sorvegliare acchè non diventi uno strumento inadatto all’apprendimento.
Certamente lo smartphone, se viene utilizzato dagli strumenti con intelligenza, si rivela un mezzo efficace per produrre una didattica interattiva, in quanto con lo smartphone è possibile collegarsi ad internet attraverso le reti wifi delle istituzioni scolastiche e trovare informazioni utili sulle discipline d’insegnamento oppure fare una ricerca con la guida del docente. Bisogna stare attenti sull’uso improprio che spesso ne fanno gli studenti che usano lo smartphone per navigare in siti particolari o chattare, o giocare durante le ore di lezione.
Sovente, e la cronaca ne è piena, i docenti sono costretti a “sequestrare” gli smartphone agli alunni proprio per l’utilizzo improprio che ne fanno in classe e questo si rivela un atteggiamento antididattico che infrange anche il regolamento d’istituto. La proposta del responsabile di Viale Trastevere è da apprezzare perché si inserisce lo smartphone tra gli strumenti multimediali in grado di innalzare i ritmi di apprendimento degli alunni che ormai sono da considerarsi a tutti gli effetti dei nativi digitali, cioè nati già con la tecnologia.
Inoltre ciò rappresenta un ulteriore passo avanti di allineamento con gli standard di apprendimento dell’Europa. Infatti nei paesi del Nord del vecchio Contenente (Norvegia, Svezia, Finlandia) l’uso degli smartphone in classe quale strumento interattivo per la didattica ha dato risultati ampiamente positivi in quanto loro non utilizzano più i testi scolastici cartacei ma soltanto gli e-book e altri mezzi informatici.
Ma l’Italia non è la Finlandia o la Svezia che sono considerati Stati con un senso di responsabilità molto spiccata. L’inserimento degli smartphone nella didattica creerà sicuramente delle polemiche perché non tutta la classe docente sarà d’accordo, in particolar modo i docenti con navigata esperienza nella scuola che “vedono” negli strumenti informatici una sorta di “demonio” da combattere perché non producono effetti produttivi sull’apprendimento.
Qualche studioso, tempo fa, ha sottolineato che l’uso degli smartphone e degli strumenti multimediali non sviluppa negli alunni alcun senso critico, ma soltanto tentativi di omologazione culturale piatta per cui non vengono considerati utili ai fini dell’apprendimento. Tuttavia è vero che lo smartphone induce a forme di appiattimento, se pensiamo alla brevità dei messaggi (xchè, xciò, tvb) cui sono abituati gli adolescenti di oggi, od anche alle proprietà lessicali degli alunni che sono povere, asciutte, vuote e insignificanti.
Quindi ben venga l’uso degli smartphone quali strumenti efficaci di interazione ai fini dell’apprendimento, ma stiamo molto vigili con l’uso spesso improprio che se ne fa perché da mezzi adatti possano trasformarsi in strumenti pericolosi e che possano suscitare la sensibilità degli altri. Un uso intelligente, invece, produce i suoi effetti positivi. Speriamo che la proposta del responsabile del MIUR possa sortire gli effetti tanto desiderati di innalzamento degli standard di apprendimento, attraverso l’interazione nelle classi.
di Mario Bocola
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