Se permettere o meno l’uso degli smartphone in classe è una questione molto dibattuta tra gli addetti ai lavori, anche in mancanza di un quadro normativo certo (la circolare ministeriale di dicembre 2022 sull’uso dei telefonini scuola non ha fatto che aumentare la confusione). Ci sono certamente dei vantaggi, infatti, nello sfruttare per la didattica device altamente tecnologici come i moderni telefoni cellulari. Allo stesso tempo, però, non manca un ampio campionario di rischi che vanno da più distrazioni per l’alunno durante le ore di lezione a un uso scorretto in occasione di compiti e verifiche. La giusta via, come spesso accade, sta nel mezzo.
La prima cosa da considerare è che nella maggior parte dei casi i bambini arrivano a scuola sapendo già utilizzare e avendo molta dimestichezza con gli smartphone, anche di modelli e con funzionalità avanzate. Online e in negozio non è ormai difficile trovare, del resto, anche per oggetti top gamma come l’iPhone 12 offerte uniche e prezzi convenienti che permettono di acquistarli come device per i piccoli di casa. In molte famiglie, così, il primo approccio dei bambini con lo smartphone non passa dai cellulari di genitori, fratelli maggiori, nonni o altri familiari ma da un telefono di proprietà: secondo alcuni dati l’età media cui si riceve il primo smartphone è, non a caso, di 9 anni.
Vietare l’uso degli smartphone in classe rischia di risultare insomma un approccio ormai anacronistico, tenuto conto che chi siede tra i banchi di scuola di fatto non conosce un mondo senza smartphone e non è abituato soprattutto a svolgere anche le task più quotidiane senza l’aiuto del cellulare. Una didattica che provi a integrare almeno le tecnologie di uso più comune potrebbe contribuire, al contrario, a svecchiare l’immagine della scuola e a colmare quel divario – generazionale, culturale, eccetera – che spesso finisce per tenere lontani, come due mondi opposti, alunni e docenti.
Un altro aspetto di cui tenere conto è che gli smartphone moderni hanno numerose funzioni – calcolatrici scientifiche, traduttori, eccetera – che possono rappresentare un ausilio alla didattica, nel senso più letterale del termine, man mano che si procede con i gradi di studio e che i saperi da acquisire si fanno più tecnici e specialistici. Tra le best practice quanto all’uso degli smartphone in classe vengono spesso citate, non a caso, le vicende di insegnanti e alunni impegnati a sviluppare app che permettano di riprodurre in digitale i classici esperimenti di fisica o aiutino con la correzione delle versioni di latino e greco.
Proprio la dimensione partecipativa è, per altro, la migliore risposta quando lo scetticismo sull’uso dei cellulari in classe è legato alla credenza che gli stessi isolino e in qualche caso confinino il bambino o il ragazzo nella propria bolla. Il tempo – ed è sempre più consistente – che i giovanissimi trascorrono durante la giornata sullo schermo degli smartphone è in realtà tempo che, numerosi studi concordano, passano a chattare con compagni, amici, coetanei con cui condividono hobby e passatempi in uno stato di perenne connessione con le proprie cerchie.
Scongiurato il pericolo di isolamento, insomma, la vera sfida per la scuola è fare in modo che smartphone e cellulari siano usati consapevolmente tra i banchi e non solo.
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