Dal 2 al 4 agosto 2024 a Ceresole Reale, in provincia di Torino, si svolgerà la seconda edizione de ‘La montagna disincantata’, festival della parola in-sorgente. Il festival, come si legge sul sito dedicato, muove dal proposito di parlare della “società” e dell’infinitamente complesso che questa parola non solo evoca ma implica. Parlarne però in una prospettiva nuova, fuori dai luoghi comuni e dai dettami della sociologia e della psicologia, per fermarci a riflettere sull’ “esistenziale”, cioè sul senso del nostro esserci su questa terra e su come vivere con umani diversi da noi ma con i quali, chissà, si può trovare qualcosa che ci accomuna e che ci fa sentire in qualche modo simili.
Curatore del Festival è Fabio Cantelli Anibaldi, filosofo, scrittore, ex vice presidente del gruppo Abele. Nel 1996 ha pubblicato ‘La quiete sotto la pelle’, romanzo sulla sua esperienza nella comunità di San Patrignano, di cui è stato prima ospite e poi responsabile dell’ufficio stampa.
Intervistato dal quotidiano L’Avvenire alla vigilia del Festival, Cantelli Anibaldi riflette su web, educazione, adolescenti, senso del limite e della convivenza. Quando si parla di valori sociali – spiega il filosofo – si fa una grande fatica a coglierne il senso. Non solo, spesso si confonde il sociale con il personale, l’interesse privato con il bene comune. Perché questo vuoto? Perché abbiamo smesso di educare ai principi che costruiscono quel “minimo universale denominatore” a partire dal quale possiamo riconoscerci come una società e chiamarci di nuovo umani.
A Ceresole ne discuteranno scrittori e ricercatori, filosofi e teologi, sacerdoti e laici. Interverranno don Luigi Ciotti, il filosofo Paolo Heritier e lo scrittore e saggista Walter Siti.
L’evento – per noi che ci occupiamo prioritariamente di scuola, didattica, e relazioni umane tra ragazze, ragazzi e adulti – è di sicuro interesse perché saranno toccati temi che riguardano da vicino la vita degli adolescenti che si trovano a vivere in un contesto in cui il dato ricorrente è la conflittualità, la contrapposizione, la violenza. Il rischio è quello dell’assuefazione o dell’indignazione fine a se stessa.
Alla domanda su come mai la scuola non sappia o non riesca più ad affrontare questi temi, Cantelli Anibaldi risponde che la scuola dovrebbe essere il luogo dove non ti vengono date risposte ma dove vieni educato a porti domande, a cominciare da quelle più scomode, quelle che ti insegnano a sospettare delle semplificazioni, degli slogan, delle riduzioni della complessità della vita.
Lo scrittore, da qualche anno gira per le scuole italiane e si è accorto che i ragazzi non hanno bisogno di prescrizioni o raccomandazioni ma di una comunicazione-comunione emotiva fortemente empatica. Vogliono sapere – continua Cantelli Anibaldi – che senso ha vivere se poi un giorno si muore e se esiste la felicità. Sì, risponde loro il filosofo, la felicità esiste e sta nella ricerca della felicità, nel perseguire con tenacia, dedizione e rigore la propria passione fondamentale, quel particolare fare pratico o intellettuale che rappresenta la vostra ragion d’essere, il perché del vostro stare al mondo.