L’utilizzo di personale docente su plessi diversi della stessa istituzione scolastica è prassi diffusa, ma non è detto che sia legittima.
Se una docente è titolare in una sede ben precisa, evidenziata chiaramente da un decreto di mobilità del Miur in cui sono scritti il codice meccanografico e il comune di titolarità, può essere utilizzata, per esigenze di servizio della scuola, in plessi dello stesso Istituto Comprensivo che hanno codice meccanografico differente e sono ubicati in Comune differente? Bisogna dire che questi casi sono molto frequenti in alcune scuole italiane, dove il Ds per coprire l’assenza di qualche docente, soprattutto nella scuola primaria o dell’infanzia, ordina, ma solo verbalmente, la supplenza in plessi differenti da quello di titolarità ed ubicati anche in Comuni differenti.
È capitato ad una maestra di una scuola in provincia di Cosenza, che è stata mandata a sostituire una collega assente nel plesso dello stesso Istituto Comprensivo ma di un comune limitrofo a qualche chilometro di distanza. Diciamo subito che questa pratica è illegittima e non può essere imposta, come ordine di servizio, dal dirigente scolastico.
È illegittima perché contrasta con il decreto del Miur di assegnazione della titolarità della docente, che a decorrere dal 1° settembre di un certo anno è stata trasferita in una data sede con un preciso codice meccanografico come registrato nel sistema informatizzato del SIDI. Per cui se a una docente è stata assegnata una sede in un dato Comune e con un dato codice meccanografico, non si comprende a che titolo dovrebbe tenere una supplenza in un plesso, anche se diretto dallo stesso dirigente scolastico e appartenente allo stesso Istituto Comprensivo, con altro codice meccanografico e addirittura di altro Comune.
D’altronde l’illegittimità di tali supplenze è anche suffragata dall’art.28 comma 5 del contatto collettivo nazionale, in cui viene specificato che il docente di scuola primaria è impegnato per 22 ore settimanali di servizio a cui vanno aggiunte 2 ore da dedicare, anche in modo flessibile e su base plurisettimanale, alla programmazione didattica da attuarsi in incontri collegiali dei docenti interessati, in tempi non coincidenti con l’orario delle lezioni.
Nell’ambito delle 22 ore d’insegnamento, la quota oraria eventualmente eccedente l’attività frontale e di assistenza alla mensa viene destinata, previa programmazione, ad attività di arricchimento dell’offerta formativa e di recupero individualizzato o per gruppi ristretti di alunni con ritardo nei processi di apprendimento, anche con riferimento ad alunni stranieri, in particolare provenienti da Paesi extracomunitari.
Nel caso in cui il collegio dei docenti non abbia effettuato tale programmazione o non abbia impegnato totalmente la quota oraria eccedente l’attività frontale di assistenza alla mensa, tali ore saranno destinate per supplenze in sostituzione di docenti assenti fino ad un massimo di cinque giorni nell’ambito del plesso di servizio. Quindi appare chiaro che le supplenze devono avvenire nello stesso plesso di servizio e non in altro plesso e pure fuori comune. Questo significa che la docente che è stata mandata a fare supplenza nel plesso del comune limitrofo a quello in cui è titolare, avrebbe potuto rifiutare questa disposizione, spiegando che è illegittima in quanto le due scuole, pur essendo parte dello stesso Istituto Comprensivo e dirette dallo stesso Ds, sono scuole che hanno codici meccanografici differenti ed esprimibili separatamente per la mobilità.
C’è da dire che questa illegittimità resta valida anche dopo l’approvazione della legge sulla Buona Scuola per chi è titolare ante legem 107/2015, mentre potrebbe non valere più per chi è assunto per chiamata diretta del Ds, ma questo è tutto da specificare nella prossima mobilità.
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