Patrizio Bianchi, ministro dell'Istruzione del governo Draghi
Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi è il primo fautore della scuola digitale: solo un paio di giorni fa ha ricordato quanto sia importante avere docenti in grado di gestire al meglio le nuove tecnologie, per i quali sono stati stanziati 800 milioni del Pnrr. Lo stesso Bianchi, però, non si dice d’accordo con una digitalizzazione estrema della scuola, anche nei contenuti delle lezioni, perché rischierebbe di fagocitare le altre discipline.
“Siamo tutti convinti che bisogna aumentare gli strumenti e tutta la gamma di strumenti che chiamiamo digitale, ma – ha avvertito il titolare del Mi – siamo altrettanti convinti che ci si debba basare su una formazione solida e per quanto riguarda noi anche sulla grande tradizione umanistica. Non c’è contraddizione”.
Le parole di Bianchi sono in risposta a quelle di qualche giorno fa del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, secondo il quale sarebbe opportuno avere più cultura tecnica nelle scuole.
“Serve più cultura tecnica, a partire dalle scuole – aveva detto Cingolani al Tg2 Post -, perché tra dieci anni ci serviranno i digital manager: figure che oggi non esistono”. Secondo Cingolani, “il problema è capire se continuare a fare 3-4 volte le guerre puniche nel corso di dodici anni di scuola oppure farle una volta sola, ma cominciare a impartire un tipo di formazione più avanzata e moderna a partire dalle lingue, dal digitale”.
Il riferimento del ministro della Transizione ecologica era soprattutto alle tante aziende che ogni anno cercano tecnici specializzati, soprattutto in nuove tecnologie, ma rimangono a bocca asciutta per mancanza di candidati.
Il riferimento alle guerre puniche studiate più volte nel corso della carriera scolastica era stato però subito smentito dallo storico Giovanni Sabbatucci, professore ordinario di Storia contemporanea all’Università “La Sapienza” di Roma
“La battuta del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, sulle guerre puniche che si studierebbero tre o quattro volte a scuola è un esempio infelice e infondato. Si tratta di un’affermazione falsa”, aveva detto Sabbatucci all’Adnkronos.
“Dispiace che un ministro faccia un simile esempio. Sembra un attacco alla storia, o meglio un attacco all’impianto dello studio della scuola: speriamo che non passi”, ha concluso il professor Sabbatucci, autore con Andrea Giardina e Vittorio Vidotto, di uno dei manuali di storia, pubblicato da Laterza, più utilizzato nei licei.
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