Fa discutere la decisione dell’assessore all’Istruzione per la Regione siciliana, Roberto Lagalla, di modificare il calendario scolastico per le scuole della Sicilia.
Ci sarà l’abolizione della Festa della Regione che non sarà più vacanza, ma momento di riflessione sullo Statuto siciliano e sull’Autonomia. E poi: tetto minimo di 200 giorni di lezione da raggiungere escludendo i viaggi di istruzione e dopo le vacanze natalizie il rientro sarà previsto per il 7 non per l’8 gennaio.
Con l’inizio delle lezioni spostato al 12 settembre, i giorni previsti sono 211: 200 devono essere di lezioni; gli altri 11 per pause e gite.
Non sono mancate le polemiche sulla decisione dell’assessore Lagalla. Sia esponenti politici che del mondo della scuola sono intervenuti per lamentare un’ingerenza della Regione sul calendario scolastico.
Dura, ad esempio, la dirigente scolastica del Liceo Cannizzaro di Palermo a La Repubblica: “Pensavo si trattasse di fake news. Invece ora scopro che è vero. E’ come tornare al 1800. I bisogni della scuola li conosce la scuola non la Regione, che avrebbe la competenza per fare una legge sul diritto allo studio invece. Quelle che facciamo fuori dalle classi sono a tutti gli effetti attività didattiche. Perché l’assessore non si consiglia con i presidi prima di innovare?”.
Per la preside del liceo delle scienze umane Regina Margherita di Palermo, “sarebbe in questo modo impossibile portare avanti tutte le attività che si svolgono annualmente a scuola. I ragazzi non potrebbero quindi assistere neppure alla presentazione di un libro”, spiega.
“L’assessore si sbaglia – afferma il preside del Liceo scientifico Benedetto Croce di Palermo – i viaggi d’istruzione sono attività didattica a tutti gli effetti tanto è vero che siamo responsabili a tutto tondo. Succederà un manicomio con questa norma”.
Il parlamentare regionale della lista Cento Passi, Claudio Fava, è ancora più duro: “Eliminare, di fatto, le attività extra aula significa ridurre l’istruzione a mero atto trasmissivo e burocratico. Esattamente il contrario di quando servirebbe in una regione che accumula record negativi nel settore della scuola e dell’istruzione. Il calendario scolastico varato dal governo regionale finirà per colpire gli studenti con maggiori disagi socio-economici a cui sarà tolta la possibilità di arricchire il proprio bagaglio culturale attraverso attività fuori dall’aula”.
“Ci stupisce la mancanza di dialogo tra assessorato e operatori scolastici – prosegue Fava che ha già preannunciato un’interrogazione sulla vicenda- e ci preoccupa questa visione del ruolo della scuola e degli insegnanti trattati ancora una volta come privilegiati cui togliere vacanze e non come professionisti che meritano rispetto e riconoscimento sociale e istituzionale”.
“Premesso – afferma – che l’allargamento delle conoscenze attraverso le azioni formative extra scolastiche costituisce un fondamentale e integrante elemento delle attività didattiche, resta il problema di garantire la coerenza di queste con il complessivo progetto educativo degli studenti e di bilanciare, anche in termini temporali, il loro impatto sull’apprendimento dei programmi ordinamentali”.
“Forse e al di là di opportunistiche prese di posizione di certe parti politiche – prosegue – sarebbe il caso di riflettere più approfonditamente e criticamente sulle complesse ragioni per le quali la Sicilia presenta un documentato ritardo di apprendimento scolastico, come rilevato dai test nazionali di valutazione delle competenze. Ritengo che, anche in questa circostanza come in tante altre, criticare ancor prima che il decreto sia stato reso noto costituisce un atto almeno incauto: non manca infatti nel provvedimento il riconoscimento della prevista e opportuna flessibilità di modulazione del calendario nell’ambito dell’autonomia scolastica, né, presso l’assessorato, fa difetto la disponibilità a proseguire nel confronto già avviato con il mondo della scuola, a condizione che il dialogo sia pacato, documentato e rispettoso di tutte le posizioni, senza riserve pregiudiziali”.
Normalmente la Regione fissa un numero di giorni superiore a 200 che affida alle Scuole per eventuali adattamenti. Successivamente le scuole possono apportare variazioni funzionali all’offerta formativa ma devono restare all’interno del calendario fissato.
Gli adattamenti devono comunque rispettare il disposto dell’articolo 74, comma 3, del D.Lgs. 297/1994, assicurando lo svolgimento di almeno 200 giorni di lezione, oppure, in caso di organizzazione flessibile dell’orario complessivo del curricolo, del monte ore complessivo previsto dal piano di studi, fatto salvo il disposto dell’articolo 5, comma 3, del D.P.R. 275/1999 (articolazione delle lezioni in non meno di 5 giorni settimanali e rispetto del monte ore annuale, pluriennale o di ciclo previsto per le singole discipline ed attività obbligatorie). Tali adattamenti devono essere comunicati alle Direzioni regionali e agli Enti locali.
Cosa succede in caso di eventi eccezionali? La nota del Miur prot. n. 1000 del 2012 ha chiarito che, al ricorrere di situazioni particolari (nello specifico, la nota si riferiva ad eccezionali eventi atmosferici, ma si ritiene si possano ricomprendere anche elezioni amministrative e/o politiche, referendum, emergenze sanitarie, ecc.), “si deve ritenere che è fatta comunque salva la validità dell’anno scolastico, anche se le cause di forza maggiore, consistenti in eventi non prevedibili e non programmabili, abbiano comportato, in concreto, la discesa dei giorni di lezione al di sotto del limite dei 200, per effetto delle ordinanze sindacali di chiusura delle scuole”.
La nota del 2012 aggiunge anche che “le istituzioni scolastiche, soprattutto se interessate da prolungati periodi di sospensione dell’attività didattica, potranno valutare, a norma dell’art. 5 del DPR 275/99 “in relazione alle esigenze derivanti dal Piano dell’offerta formativa”, la necessità di procedere ad adattamenti del calendario scolastico finalizzati al recupero, anche parziale, dei giorni di lezioni non effettuati”.
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