Per combattere l’imperversare delle malattie infettive tra i bambini ci sarebbe una soluzione: tornare indietro di 40 anni, quando si vaccinavano a scuola alle elementari.
L’idea di tornare agli anni Settanta è stata rispolverata dal presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), Walter Ricciardi, e dalla senatrice Laura Bianconi. E immediatamente ha avuto consensi.
Tra i sostenitori c’è anche il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Sergio Pecorelli, e della presidente della commissione Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi.
L’obiettivo, ha spiegato Ricciardi in occasione della presentazione al Senato dello studio ‘Il valore economico delle vaccinazioni’, ”è garantire un’adeguata copertura contro le malattie infettive. Oltre alle altre sedi vaccinali, cioè, sarebbe opportuno tornare ad effettuare le vaccinazioni anche a scuola dalle elementari in poi, sia per i richiami sia per le vaccinazioni del periodo dell’adolescenza”. Una sperimentazione di questo tipo, ‘Vacciniamo la scuola’, ha sottolineato, ”è stata già fatta lo scorso anno in alcune città come Roma e Palermo, promossa dall’Università Cattolica, ed è andata molto bene”.
La decisione di allargare i luoghi dove poter fare i vaccini è già stata presa in diversi Paesi moderni, tra cui il Regno Unito. Mentre in Italia, dove tale pratica si svolge prevalentemente nelle Asl, le coperture sono scese al di sotto del 95% per malattie come poliomielite, difterite, tetano, Haemophilus influenzae di tipo b ed epatite B, e sono addirittura sotto l’86% le coperture contro morbillo, parotite e rosolia.
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Per alzare queste percentuali, però c’è da abbattere anche un po’ di convinzioni contrarie ai vaccini. Che però rimangono ”Ia tecnologia più sicura ed efficace per evitare le malattie – ha detto Ricciardi – e sono oltre 500 i controlli che vengono effettuati durante la loro produzione e commercializzazione”. Il punto, ha avvertito, ”è che i germi continuano a circolare anche per gli attuali movimenti migratori; ad oggi solo il vaiolo è stato eradicato ed è quindi cruciale proteggersi”.
Inoltre, rileva il presidente della Società di Igiene e Sanità Pubblica, Carlo Signorelli, ”bambini coperti contro le infezioni saranno gli adulti sani di domani, con un effetto anche sulle attività produttive”. Ma vaccinare rappresenta allo stesso tempo un grande risparmio per il Servizio sanitario nazionale: le malattie infettive costano ogni anno in Italia ben 97 mln di euro ma, con una migliore implementazione dei programmi vaccinali, tale costo può essere ridotto di circa 50 mln, con risparmi da 10 a 100 volte superiori ai costi per le epidemie, evidenzia lo studio, redatto da un gruppo di 11 esperti europei e da Sanofi Pasteur MSD.
Ed ancora: ”L’utilizzo dei vaccini si traduce in un numero minore di visite, esami, cure, ricoveri e, di conseguenza, in notevoli risparmi”, aggiunge Francesco Saverio Mennini, Direttore del Centre for Economic Evaluation and HTA del CEIS, Università di Roma Tor Vergata. Due soli esempi: la vaccinazione, spiega l’esperto, è importante anche nella prevenzione dei tumori, come nel caso dei vaccini contro il Papillomavirus umano Hpv che, a causa dei tumori ad esso correlati, costa al Sistema sanitario nazionale 291 mln di euro l’anno; l’influenza, invece, costa al sistema circa 3 miliardi l’anno, ma con la vaccinazione, afferma Mennini, ”si risparmierebbero ben 1,5 miliardi”.
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