Prendono il via le vaccinazioni anti-Covid dei docenti, del personale amministrativo-tecnico, dei collaboratori scolastici e dei presidi. Tra le Regioni dove c’è stato un vero boom di adesioni figura il Lazio, dove in poco più di quarantott’ore si sono contate oltre 30 mila adesioni dei lavoratori della scuola appartenenti alla fascia d’età 45-55 anni (dal 22 febbraio toccherà agli over 55 e poi man mano i più giovani).
Dalla mattina di lunedì 21, insegnanti e dipendenti della scuola cominceranno quindi a farsi somministrare la prima dose di vaccino recandosi nelle varie sedi ospedaliere e Asl indicate dalla stessa Regione.
Non potranno farlo, però, tutti coloro che lavorano nella Regione ma mantengono la residenza altrove e non si sono nemmeno associati con un medico di base del Lazio: si tratta di almeno 10 mila lavoratori, non necessariamente precari, con appartamento in affitto o pendolari.
Il punto è che le dosi di vaccino non sono in numero sufficiente. Astrazeneca, il vaccino rivolto proprio al personale della scuola, ha deciso un ulteriore taglio delle sue forniture all’Italia: in una settimana, sarebbe prevista la consegna delle dosi con una decurtazione tra il 10 e il 15%. Invece di 566 mila fiale, ne verranno recapitate 506 mila.
Il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, ha rivolto un appello unanime al governo, al quale ha chiesto un incontro urgente: “Serve un deciso cambio di passo nella campagna vaccinale, che è la priorità e sta andando a rilento non per disguidi organizzativi. Il problema è l’approvvigionamento”.
C’è poi anche il nodo su chi somministra i vaccini: con i medici di base non è stato sottoscritto ancora alcun accordo quadro.
Del problema nel Lazio si è parlato durante un dibattito online sulla scuola organizzato dal PD di Roma.
“Se noi somministrassimo il vaccino a persone residenti in Campania o Abruzzo, non avremmo dosi per tutti i cittadini del Lazio”, ha detto l’assessore alla Sanità D’Amato.
“Giustamente – ha continuato – c’è il personale che viene da altre Regioni, ne condivido l’esigenza e l’abbiamo sottoposta al governo e al commissario Arcuri”.
Quanto ai prof residenti nel Lazio che invece lavorano in altre regioni “le loro vaccinazioni verranno eseguite perchè sono assistiti nel Lazio”, ha detto l’assessore.
Lo stesso assessore alla Sanità laziale ha prodotto una nota, con cui ha spiegato che “oggi la ripartizione dei vaccini è fatta esclusivamente per il numero dei residenti nella regione. Ovvero se tutti facessero i loro residenti, indipendentemente dal loro luogo di lavoro, il problema non sussisterebbe”.
Alessio D’Amato ha aggiunto: “Noi siamo pronti, ma abbiamo bisogno delle dosi poiché non possiamo minimamente danneggiare il personale residente nella nostra regione”.
“Il Lazio – ha concluso l’assessore – da inizio pandemia si è sempre caratterizzato per la massima solidarietà, anche ieri abbiamo preso in carico con l’elisoccorso un paziente Covid dal Molise per condurlo in una nostra terapia intensiva Covid. Quello che non ci si può chiedere è di danneggiare i nostri cittadini”.
Del problema ha parlato la dirigente scolastica Cristina Costarelli vice dell’Associazione nazionale presidi del Lazio: dopo un plauso al piano vaccinale della Regione, la preside ha inviato una bacchettata alla Regione: “Una criticità importante riguarda il personale che risiede altrove soprattutto in Campania. È una situazione discriminante a cui dare risposta”.
Sulla vicenda è intervenuto anche l’Anief: “Bisogna trovare un accordo immediato con quei governatori che stanno escludendo docenti e Ata dalla somministrazione dei vaccini. È un passaggio troppo importante per la salute di tutti e per mantenere in vita il diritto allo studio”, quindi “tutto il personale che intende vaccinarsi volontariamente deve avere la possibilità di farlo il prima possibile”.
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