Fa discutere la decisione del governo di fermare la somministrazione del vaccino AstraZeneca rivolta al personale scolastico, per dare priorità ad anziani e cittadini “fragili”. In molti hanno fatto osservare che la decisione arriva quando mancavano non più di 200-300 mila docenti e Ata (anche se è molto probabile che una parte si sarebbe sottratta volontariamente) e nello stesso periodo in cui le scuole vengono riaperte alle attività in presenza. A parlarne è stato anche il ministro della Salute, Roberto Speranza.
Intervenuto a Che tempo che fa su Rai3, il titolare del dicastero della Salute ha detto che “oggi ci sono 13 milioni di somministrazioni di vaccino fatte e da tre settimane la curva vede un primo segno di piegatura. Con grande franchezza dico che siamo consapevoli che c’è un elemento di rischio, con l’aumento movimenti ma il governo ha fatto una scelta che difendo con forza”.
“Grazie alle misure adottate nel mese di marzo e in queste due settimane – ha concluso Speranza – abbiamo accumulato un piccolo tesoretto e abbiamo deciso, a due mesi dalla fine dell’anno scolastico, di investirlo sulla scuola come architrave della società italiana che ha pagato un prezzo altissimo”.
Nel frattempo, però, più di un esperto di epidemie chiede cautela sulle riaperture, ad iniziare dalla scuola dove tra alunni, docenti e personale sono coinvolti dieci milioni di individui. Per il professor Andrea Crisanti “affermare che la riapertura delle scuole non causi un incremento dei casi è, diciamo, una baggianata”.
La verità, sostiene Crisanti, è che “riaprire tutto con faciloneria significa prepararsi una tranvata, visto che siamo sempre sopra ai 15 mila casi giornalieri”.
Ivan Gentile, direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e Tropicali dell’Università Federico II di Napoli e virologo al II Policlinico, è preoccupato: “In Italia abbiamo messo in campo un sistema di vaccinazioni eccezionale, ma senza materia prima non copriamo abbastanza cittadini, avremo quindi la quarta ondata a inizio autunno e l’entità dipenderà da quanto vaccineremo la prossima estate“.
Parlando all’Ansa, Gentile ha aggiunto che “bisogna coprire subito gli anziani sopra i 60 anni e le persone fragili e l’ordinanza nazionale di ieri va nella giusta direzione ma servono le dosi: al Policlinico vacciniamo dal 2 gennaio, potremmo fare anche i turni notturni, somministrare h24, ma non abbiamo dosi e come noi tutti”.
Lo stesso presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli sostiene che se si deciderà di riaprire, saranno fatte comunque scelte “selettive e ponderate”.
“Guai se pensassimo di essere fuori dal problema – avverte ancora Locatelli – Ci ritroveremmo nella situazione di metà marzo avendo vanificato settimane di sacrifici”.
I numeri sui contagi saranno decisivi: ad oggi diverse regioni avrebbero numeri da zona gialla, con l’Rt sotto l’1, tra cui il Lazio e il Veneto, le Marche e il Molise. Però coi sono anche ben 13 Regioni e la provincia di Trento con il tasso di occupazione delle terapie intensive ancora sopra la soglia critica del 30%.
Di contro, più di un politico rivendica l’esigenza di individuare con esattezza quando riaprire le attività.
“Il mese di aprile – ha detto il presidente dei senatori di Italia Viva Davide Faraone – è l’ultimo in cui sarà necessario stringere i denti, a maggio andremo a regime col piano vaccinale. Già adesso dobbiamo programmare le riaperture: stabiliamo subito in quale giorno riapriremo i ristoranti, in quale giorno tutte le scuole, in quale i cinema, le palestre, e così via”.
“Servono chiarezza e programmazione e diciamo agli italiani che possono già prenotare le vacanze in Italia. Occorre fare il programma della ripartenza indicando il giorno preciso di apertura attività per attività: un calendario chiaro che dia certezze a un paese stremato dalla pandemia”, ha concluso Faraone.
Dello stesso avviso è il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, in un confronto alla Scuola di formazione politica della Lega.
“Il Covid è come un gran premio quando entra la safety car: tutti partono dalla stessa condizione, poi vince chi corre più veloce. Per farlo bisogna essere pronti e programmare”, ha detto il ministro.
“Ci sono attività – ha aggiunto – che hanno bisogno di mesi di programmazione, ad esempio le fiere, i congressi, le grandi strutture alberghiere, tutto quello che prevede una prevendita”. Per questo “bisogna usare la testa: meglio partire una settimana dopo ma bisogna dare settore per settore una data di partenza”.
Pure il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani chiede al premier di convocare il Cdm per il 20 aprile e preannuncia un cronoprogramma con le riaperture.
“E’ giunto il momento di passare dalle parole ai fatti”, ha deto capogruppo alla Camera Roberto Occhiuto.
Matteo Salvini, leader della Lega, ha ipotizzato una data per riaprire, il 19 aprile. “Se la scienza vale quando si torna al rosso vale anche quanto si passa al giallo”.
Nei giorni scorsi, anche il premier Mario Draghi ha detto che il suo desiderio è “rivedere il Paese aperto, a partire dalle scuole. L’obiettivo è dare ai ragazzi almeno un mese di scuola in presenza. Devono chiudere l’anno insieme”.
Pure la ministra degli Affari Regionali Mariastella Gelmini si è detta ottimista sull’evoluzione del Covid-19: se “aprile sarà il mese del ritorno a scuola, almeno per buona parte degli studenti”, “maggio segnerà il progressivo ritorno alla vita. Non facciamo promesse campate in aria, ma stavolta siamo davvero all’ultimo miglio”.
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