La frattura che si è evidenziata negli ultimi mesi tra la popolazione – in larghissima parte vaccinata – e i cosiddetti “no-vax”, non poteva lasciare immuni le famiglie.
Potrebbe infatti verificarsi un contrasto insanabile tra i genitori in ordine all’opportunità di sottoporre al vaccino i figli minori.
E’ appunto il caso affrontato dal Tribunale di Milano, con un recente provvedimento, emesso a seguito di un ricorso presentato da un genitore contro la sua ex moglie, che si opponeva a far somministrare alla figlia non solo i vaccini “facoltativi”, ma anche quelli obbligatori per legge, nonché ad effettuare i tamponi molecolari per la diagnosi del COVID-19 ed il test antigenico per accedere alle lezioni scolastiche.
Gli obblighi vaccinali non sono certo una novità, essendo previsti fin dal secolo scorso.
Il primo obbligo veniva introdotto addirittura nel 1888 per arginare la diffusione del vaiolo (abolito nel 1979, una volta debellato il vaiolo).
Si ricordano poi la vaccinazione antidifterica, la vaccinazione antitetanica, la vaccinazione antipoliomielitica, nonchè quella contro l’epatite virale B.
Dell’eventuale incostituzionalità degli obblighi vaccinali, si è occupata la Corte Costituzionale – su ricorso della Regione Veneto – con sentenza n. 5 del 2018, relativa alla legittimità costituzionale del d.l. n. 73/2017 e della legge di conversione 119/2017, escludendone la fondatezza.
Se è senz’altro vero che le decisioni in ordine ai figli minori sono di competenza dei genitori e che sulle questioni più rilevanti occorre il consenso di entrambi, è altrettanto vero che – come anche evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza sopra richiamata – l’interesse del minore, nelle questioni di salute, deve essere perseguito anche contro la posizione dei genitori.
Può infatti verificarsi che, in nome di proprie convinzioni personali, i genitori impongano ai figli scelte errate sul presupposto della affermazione del principio di autodeterminazione.
Si pensi ai casi, frequenti in passato, di genitori aderenti ai “Testimoni di Geova” che rifiutavano le trasfusioni di sangue per i propri figli, anche a costo di metterne in pericolo la vita.
Il principio di autodeterminazione non può certamente essere invocato, quando è in gioco la salute di minori, privi della possibilità di decidere in proprio, trattandosi di beni fondamentali quali la salute e l’istruzione.
Secondo il Tribunale di Milano, la posizione della madre, contraria a tutti i vaccini (era tra l’altro emerso che la stessa – in pieno lockdown – aveva portato la figlia ad una riunione di “no- vax” con altre 10 persone), è di grave pregiudizio per la salute della figlia minore.
Tali comportamenti impongono al Tribunale di intervenire a tutela della salute della ragazza, autorizzando il padre ad assumere le relative decisioni e “limitando la responsabilità genitoriale materna in relazione alle questioni di salute della figlia”.
Per questa ragione, il padre è stato autorizzato a far somministrare alla figlia le varie vaccinazioni – secondo le indicazioni del medico-pediatra – anche senza il consenso della madre.
Lo stesso dicasi per quanto riguarda la possibilità di far effettuare alla figlia, tutte le volte che sia necessario, il tampone “anti-Covid”, nonché di valutare in autonomia l’opportunità di far effettuare alla figlia minore la vaccinazione anti-Covid, al compimento del 12° anno d’età.
La madre, condannata al pagamento delle spese processuali e di un’ulteriore somma per “responsabilità aggravata”, è stata ammonita a non ostacolare l’effettuazione delle vaccinazioni e dei tamponi e l’uso della mascherina da parte della figlia.
Sull’osservanza di tali disposizioni, dovrà vigilare il giudice tutelare.
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