Una recente sentenza del Tribunale di Pistoia risolve una controversia fra coniugi sulla vaccinazione anti Covid dei figli minori, indicando i principi giuridici di riferimento. Dopo un’ampia disamina sul rapporto costi/benefici, la conclusione è che le scelte in ambito medico giuridico devono essere guidate dal principio di precauzione. Questa volta ha vinto il genitore contrario al vaccino, ed è interessante leggere e capire quali sono le motivazioni.
Il testo della sentenza del 4/3/2022 inizia con l’analisi dei dati scientifici a disposizione. “In questa prospettiva, è possibile osservare che i vaccini anti Sars-Cov-2 attualmente in uso in Italia, ossia il vaccino Comirnaty/Pfizer e Spikevax/Moderna, sono univoci nell’indicare nel proprio foglio illustrativo, messo a pubblica disposizione sul sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), con ultimo aggiornamento in data 23.2.2022, che il vaccino ‘non è raccomandato nei bambini di età inferiore a 12 anni’. Quanto al nuovo vaccino Nuvaxovid, il foglio illustrativo estende l’espressa raccomandazione di non uso fino ad anni 18”.
Pertanto “L’autorità giudiziaria non può considerarsi ragionevolmente legittimata ad autorizzare l’utilizzo di un farmaco che l’autorità sanitaria a ciò preposta raccomanda di non utilizzare in casi analoghi a quelli posti a base della domanda (nella specie, fascia d’età inferiore a 12 anni). Ciò già di per sé costituisce dato significativo atto a condurre al rigetto del ricorso per quanto attiene ai due figli più piccoli”.
La dottoressa Lucia Leoncini, che ha redatto la sentenza, passa quindi a esaminare i dati sui costi/benefici, per risolvere la controversia riguardo anche al terzo figlio, maggiore di 12 anni, sempre nell’ottica del migliore interesse del minore.
Il principale beneficio medico della vaccinazione è rappresentato, per il vaccinato, dalla limitazione della possibilità di contrarre la malattia nella forma grave, i principali rischi riguardano i possibili effetti collaterali. I dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Istat (al 1 marzo 2022) evidenziano che, nella fascia di età 0-18 anni, in rapporto al numero dei contagiati, la percentuale di letalità è dello 0,001841% e la percentuale di ricoverati in terapia intensiva è dello 0,012025.
I vaccini attualmente disponibili contro l’infezione da Sars-Cov-2 non valgono ad evitare il contagio. Le stesse case farmaceutiche indicano, nei fogli illustrativi, che il siero “potrebbe non proteggere completamente tutti coloro che lo ricevono”, e che “non è nota la durata del periodo di copertura”.
Quanto ai possibili rischi, sempre sul foglio illustrativo è scritto che per i soggetti minorenni è non nota la frequenza degli eventi avversi più gravi. É specificato invece un aumento del rischio di miocardite e pericardite, maggiormente nei maschi.
Fatta questa ricognizione, “giova ricordare –scrive la giudice- che i vaccini attualmente in uso in Italia sono stati autorizzati ‘sotto condizione’ da parte dall’autorità europea, poiché non risulta completata la necessaria IV fase di sperimentazione: ciò, di per sé, dovrebbe indurre a particolare cautela specialmente ove si voglia somministrare il vaccino a soggetti che, per fascia di età, per un verso non presentano rischi di esposizione grave al virus, per altro verso sono ancora in fase evolutiva e di sviluppo in tutti i sensi e devono quindi essere destinatari di tutela rafforzata”. In conclusione, “Non può, del resto, revocarsi in dubbio il fatto che le scelte in ambito medico giuridico devono essere presiedute dal principio di precauzione”.
Nell’ampia disamina, la giudice di Pistoia apre un fronte che riguarda il complicato discorso del bilanciamento fra contrapposte esigenze nell’ambito della tutela della salute, con riferimento all’articolo 32 della Costituzione e alla sentenza dalla Corte Costituzionale n. 5/2018, che si era pronunciata in merito ai vaccini obbligatori per i bambini introdotti dall’allora ministra Lorenzin.
Così si argomenta nel testo della sentenza: “La duplice valenza del diritto alla salute nella prospettiva dell’art. 32 Cost., come diritto fondamentale e come interesse della collettività, non può comportare una sistematica prevalenza del secondo versante (interesse pubblico) sul primo (diritto individuale). Al contrario, la prevalenza del versante pubblicistico deve ritenersi consentita soltanto in ipotesi eccezionali da declinare secondo il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. e da individuare nel rispetto di una riserva di legge. In questa prospettiva, l’effettuazione del bilanciamento (giudizio di tollerabilità) tra possibili effetti collaterali e possibili benefici, richiesto dalla stessa giurisprudenza citata, non può che avvenire tra termini omogenei rappresentati entrambi dal parametro del ricevente il trattamento, e non tra termini disomogenei ossia tra gli effetti collaterali per il ricevente e i benefici per la collettività”.
In parole povere non si possono “sacrificare” alcuni individui, vittime di eventi avversi, guardando solo all’interesse della collettività. Un’affermazione, quella del giudice di Pistoia, che potrebbe aprire il campo ad altre sentenze, soprattutto se il governo si ostina a insistere su posizioni in controtendenza rispetto sia all’evoluzione del quadro emergenziale, sia alle decisioni prese ormai da tutti gli altri Paesi europei.
Una ricercatrice di 34 anni, originaria del barese, ha scelto di lasciare l’Italia e in…
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha pubblicato il bando per il concorso rivolto ai docenti…
Venerdì 15 novembre, la Commissione Europea premierà a Bruxelles i vincitori dell’edizione 2024 del Premio…
I percorsi abilitanti da 30 CFU, molto attesi da tanti docenti di ruolo che aspirano a…
Fino alle ore 12 del 15 novembre sono disponibili le funzioni per presentare domanda al…
Le caselle di posta elettronica PEO e PEC associate a un codice di istituto principale…