C’è una svolta nella vicenda che ha portato nei giorni scorsi diversi precari della scuola lamentarsi per la mancata possibilità di vaccinarsi per prevenire il contagio da Covid-19 perché non residenti nella Regione dove sono in servizio: la Conferenza delle Regioni ha prodotto un documento che assegna la competenza della somministrazione del vaccino esclusivamente al territorio regionale dove è residente il lavoratore. Anche se presta servizio a mille chilometri.
La presa di posizione è confermata nel testo contenente le “Proposte delle Regioni e delle Province autonome per i prossimi provvedimenti del Governo inerenti le misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19”: nell’ultimo capoverso del documento si legge che “è necessario che ogni Regione sia messa nelle condizioni di poter garantire la vaccinazione ai propri insegnanti residenti ed assistiti, indipendentemente dalla Regione in cui prestano servizio”.
La notizia dell’accordo tra le Regioni è confermata dall’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato, che in una nota considera “di particolare importanza il documento approvato ieri dalla Conferenza delle Regioni in cui si è stabilito che ogni Regione provvede a vaccinare i propri insegnanti residenti ed assistiti indipendentemente dalla Regione in cui prestano il servizio”.
La posizione delle Regioni, tuttavia, sembra contenere delle incoerenze. Soprattutto per i tanti precari pendolari e non residenti della scuola, che per farsi somministrare il vaccino anti-Covid saranno costretti a sobbarcarsi centinaia di chilometri di viaggio: una necessità che avrà non pochi strascichi negativi anche sul servizio, considerando pure le restrizioni imposte ai presidi per le sostituzioni del personale assente per pochi giorni.
Ma l’aspetto più sorprendente è probabilmente ancora di più un altro: il fatto che le Regioni si siano espresse contro gli spostamenti dei cittadini tra le Regioni.
Lo stesso presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini, in relazione al varo del Decreto Legge deciso il 22 febbraio dal Consiglio dei ministri, ha dichiarato di avere “manifestato ai Ministri Gelmini e Speranza il consenso delle Regioni alla proroga delle misure relative al blocco degli spostamenti interregionali”, formalizzata con il primo Dpcm del governo Draghi che posticipa il divieto fino al 27 marzo.
La domanda da porre ai governatori è quindi la seguente: perché chiedono a decine di migliaia di insegnanti, lavoratori Ata e capi d’istituto di tornare nei loro territori per vaccinarsi (probabilmente facendo scattare delle deroghe specifiche per loro), e poi però applaudono alla decisione del governo centrale di prorogare gli spostamenti interregionali?
Se è bene evitare di viaggiare, così da limitare di esporsi al rischio di contagio, non sarebbe stato più logico dirottare le dosi di vaccino eccedenti nelle Regioni dove c’è un surplus di precari e non residenti, piuttosto che chiedere loro di spostarsi e mettere a repentaglio la loro salute? Tra l’altro, la motivazione del viaggio da affrontare (magari da Torino a Caltanissetta) è proprio quella di alzare le possibilità di salvaguardia della propria salute. A nostro avviso, più di qualcosa non torna.
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