Riguardo ai vaccini e in particolare alle problematiche emerse con AstraZeneca, senza poter entrare in modo dettagliato su dati strettamente medici, vogliamo però evidenziare gli errori di comunicazione (e anche di scelte) da parte dell’Ue e dei vari governi nazionali.
Ad esempio penso che a questo punto occorrerebbe definire con chiarezza alcuni punti di partenza su cui valutare. E invece nelle stesse dichiarazioni di figure sanitarie (collegate talvolta a strutture correlate a istituzioni politiche) si denota – al di là delle rassicurazioni formali – una qualche discordanza.
A cominciare dal dato dei casi letali registrati dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca. Quando il vaccino era stato sospeso si leggeva di “50 casi registrati in Europa” e che “il focus cade sugli 11 di trombosi cerebrale del seno traverso osservati in Germania, Spagna e Norvegia. Se questa sarà la scelta finale, l’Agenzia Ue continuerà ad approfondire il dossier e le autorità nazionali potrebbero scegliere di attivare un meccanismo per monitorare eventuali sintomi da trombosi nei vaccinati con AstraZeneca”.
Poi però, subito dopo la “riammissione” di AstraZeneca da parte dell’Ema (Agenzia europea per i medicinali), Sabine Straus, presidente del Prac (la Commissione di farmacovigilanza) dice che riguardo i casi segnalati di eventi trombotici “7 sono dalla Germania, 3 dall’Italia, 2 dalla Norvegia e uno dalla Spagna. Abbiamo poi 3 casi nel Regno Unito e 2 dall’India”. Quindi gli eventi trombotici, che potrebbero essere non necessariamente di tipo cerebrale (ma ammettiamo che la Straus volesse a quelli riferirsi) da 11 in Europa si sono ridotti a 7 (tra cui 2 da un Paese extraeuropeo non considerato quindi nella casistica citata pochi giorni prima, che peraltro non parlava neppure di casi in Italia e Gran Bretagna).
Ma Emer Cooke, direttrice di Ema, ha affermato con riferimento ad AstraZeneca che sono stati riportati 25 casi di eventi trombo embolici rari. Magari stanno parlando di sfumature diverse da un punto di vista medico? Se fosse così si confrontino bene prima di fare dichiarazioni ufficiali perché certo che i numeri non coincidenti fra le varie dichiarazioni sui casi avvenuti motiva qualche perplessità sull’accurata analisi di tali eventi.
Ma una contraddizione più evidente si evince da due dichiarazioni della stessa direttrice dell’Ema, che forse hanno poi condizionato scelte differenti tra vari Paesi europei nella tempistica di “riammissione” di AstraZeneca (dichiarazioni e notizie tratte dal sito dell’Ansa e da un articolo di “repubblica.it”). Emer Cooke afferma infatti riferendosi ad AstraZeneca: “è sicuro, efficace, i benefici sono superiori ai rischi ed escludiamo relazioni tra casi di trombosi” e la somministrazione. Ma sempre la Cooke dice: “sulla base delle evidenze disponibili e dopo giorni di analisi approfondita dei report clinici dei risultati in laboratorio, delle autopsie e di ulteriori informazioni dagli studi clinici, non possiamo ancora escludere definitivamente un legame tra questi casi rari” di trombosi e effetti indesiderati “e il vaccino“.
Di fronte a queste due affermazioni che appaiono contraddittorie come reagisce un cittadino che non ha competenze nel campo della scienza medica? La cosa più logica è che magari dica: ma forse allora non era il caso di attendere analisi e studi più approfonditi? Tanto più che la direttrice dell’Agenzia europea del farmaco ha aggiunto: “lanceremo ulteriori approfondimenti per capire di più“. E le ha fatto eco Sabine Straus, presidente della Commissione di farmacosorveglianza: “Approfondiremo ulteriormente” tutti gli eventi sospetti.
Di fronte a un discorso da una parte praticamente del tutto rassicurante e dall’altra semplicemente “interlocutorio” allora forse è legittimo l’atteggiamento di prudenza e la decisione di alcuni Stati europei: Norvegia (il primo a sospenderlo insieme all’Islanda, mentre a breve distanza temporale è stata la Danimarca il primo Paese dell’Unione europea) e Svezia (nonostante Astrazeneca sia un’azienda anglo-svedese) ritengono prematuro riprendere le vaccinazioni e rimandano di almeno una settimana la decisione in merito, alla luce delle informazioni che usciranno dagli ulteriori studi che sta conducendo l’Ema. “La vaccinazione con AstraZeneca rimarrà sospesa fino a quando non avremo un quadro completo della situazione“, ha detto in conferenza stampa il direttore dell’Istituto di salute pubblica norvegese Camilla Stoltenberg. Peraltro, stando alle informazioni disponibili, nel foglietto illustrativo del vaccino di AstraZeneca viene aggiunto (ma chi si presenta in queste ore negli Stati dove prosegue la vaccinazione che possibilità ha di leggere il “bugiardino” rinnovato?) un nuovo e rarissimo effetto collaterale: una forma di trombosi associata a calo di piastrine, una sindrome rara.
Spagna, Portogallo e Olanda si sono comunque prese qualche altro giorno di tempo e dovrebbero ripartire con la somministrazione la prossima settimana, ma la Spagna ha precisato che potrebbe escludere alcuni gruppi di persone per ridurre al minimo ogni eventuale pericolo (magari pure un semplice esame del sangue, mirato all’acquisizione di dati ritenuti utili, potrebbe anche essere preso in considerazione?). Italia, Francia e Germania hanno già ripreso a inoculare AstraZeneca, anche se la Francia ha deciso di somministrarlo soltanto agli over 55 (in quanto i casi più gravi si sono manifestati in persone sotto quella soglia di età), anche se in effetti si denota anche in questo uno strano caso quanto meno di comunicazione… affrettata.
Infatti, si ricorderà che inizialmente l’Ema che forse giustamente voleva attendere dei riscontri più consistenti sulle sperimentazioni (ma probabilmente, a parte la Gran Bretagna dove le autorità sanitarie e politiche nazionali avevano deciso di utilizzarlo ben prima dell’autorizzazione dell’Agenzia europea per i medicinali, diversi Paesi europei, forse persino l’Ue, mostravano insofferenza di fronte a una “validazione” che tardava ad arrivare rispetto ad esempio ai vaccini di Pfizer e poi di Moderna, e c’è che chi non esclude una qualche forma di “pressione politica”, visto che l’Ue aveva comprato dosi assai elevate di AstraZeneca rispetto invece agli altri due vaccini resi disponibili) aveva autorizzato la somministrazione con il vaccino anglo-svedese soltanto agli under 55, ma in Italia ad esempio l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) spinse quasi immediatamente affinché fosse estesa l’età almeno sino ai 65 anni e l’Ema si adeguò alle richieste che provenivano da più parti, da 65 a 75 il passo fu breve e in Italia il Consiglio superiore di Sanità ha espresso parere favorevole a che il vaccino AstraZeneca possa essere somministrato anche ai soggetti di età superiore ai 65 anni; poi qualche “plurilaureato” fece notare che così rimaneva esclusa sola la fascia over 75-80 (gli ultraottantenni vengono vaccinati con Pfizer o Moderna) e allora arrivò la decisione che andava bene anche per gli ottantenni meno un giorno. Un “salto” di 25 anni (‼) nello spazio di qualche settimana (ed è assai difficile pensare che in pochi giorni il numero di vaccinazioni abbia potuto sopperire a dati che l’Ema aveva ritenuto carenti o almeno insufficienti). Poi però magari si scopre che forse, almeno secondo le autorità francesi, è meno pericoloso sopra i 55 anni. Insomma, sembra proprio una gran confusione.
A proposito degli interventi dell’Aifa va anche rilevato che giovedì mattina, quando ancora l’Ema (agenzia europea del farmaco, quindi almeno teoricamente con più autorità rispetto a quelle nazionali) non si era espressa ufficialmente (anche se l’esito sembrava francamente scontato) aveva anticipato che dopo i controlli non si poteva porre una connessione diretta tra i casi gravi avvenuti e la somministrazione del vaccino lasciando quindi sostanzialmente intendere che la somministrazione sarebbe ripresa. Ora ci si potrebbe pure chiedere perché Aifa cerca di anticipare (fattore età, risultati degli approfondimenti sui controlli dopo la sospensione delle somministrazioni: a parte che non sono pochi a chiedersi cosa abbia potuto effettivamente approfondire in maniera esaustiva Ema dopo solo tre giorni di sospensione del vaccino). Per Aifa una questione di “prestigio”? Un voler marcare il proprio ruolo con Ema e/o con altre agenzie nazionali?
Riguardo alle discordanze riscontrate nelle comunicazioni su AstraZeneca e anche sulle posizioni differenti che sono state evidenziate per il momento ci fermiamo qui (per rispettare le “esigenze” dell’informazione on line che consigliano articoli non troppo lunghi), ma domani torneremo sull’argomento per soffermarci anche sui dati della protezione del suddetto vaccino, apparsi a qualcuno un po’ troppo “ballerini”, e su quanto saputo (o non saputo) sull’efficacia contro eventuali varianti del virus.
Peraltro, non si vuole entrare nel merito di posizioni pro o contro (personalmente sono favorevole ai vaccini, ma naturalmente devono essere valutati con estrema attenzione e se ce ne fosse uno che non dà le garanzie degli altri si dovrebbero privilegiare quelli più efficaci e sicuri, senza considerare questioni legate ad approvvigionamenti frettolosi basati magari su questioni economiche). Proprio per questo vogliamo segnalare sia l’intervista al direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia e docente di Biologia molecolare (realizzata da Alessandro Giuliani), sia il caso della professoressa documentato un paio di giorni fa (con l’intervista realizzata da Carmelina Maurizio) sul giornale on line.
Forse i cittadini chiedono soltanto più trasparenza e anziché rassicurazioni che magari lasciano dubbi, servirebbero dichiarazioni – che riporteremo nell’articolo di domani – come quelle Sergio Siragusa, vice presidente della Sie (Società Italiana di Ematologia) e professore ordinario di ematologia all’Università di Palermo, che in sintesi dice che con la vaccinazione potrebbe esserci un’attivazione della coagulazione in maniera indiretta per l’attivazione delle citochine (cellule a basso peso molecolare, prodotte dalle cellule del sistema immunitario, che possono indurre processi infiammatori), ma mette in rilievo che lo stesso problema è molto più facile che si produca nel caso di contagio al virus e quindi statisticamente rappresenta un pericolo maggiore. Mi sembra un modo di comunicare valido e utile, affinché ogni cittadino possa valutare la propria scelta con cognizione di causa.
Anche perché le incertezze derivate a volte da comunicazioni che lasciano dubbi possono purtroppo rappresentare un pretesto per le posizioni dei no vax contrari (sbagliando secondo noi) ad ogni forma di vaccino.
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