La somministrazione del vaccino AstraZenaca, il vaccino destinato al personale italiano delle forze armate e della scuola, rimane avvolta nelle incertezze. Il problema non è solo del Bel Paese. Qualche giorno fa l’Olanda ha detto stop alla diffusione delle dosi anti-Covid prodotte nelle aziende del Nord Europa. Anche la Gran Bretagna, che non ne aveva mai sospeso la somministrazione, ha annunciato delle limitazioni, dopo avere ammesso di aver registrato 30 casi di una rara forma di trombosi legata alla inoculazione delle dosi, di cui 7 fatali, su 18,1 milioni di vaccinati. Con una riunione permanente, l’Agenzia europea per i medicinali sta cercando di capire meglio cosa c’è dietro i casi di trombosi legati ai vaccini. L’Ema avrebbe rilevato dei nessi rispetto ai casi di trombosi sinora registrati. La stessa AstraZeneca ha deciso di fermare la somministrazione delle dosi a bambini e adolescenti, almeno sino a quando non si saranno chiarite ineventuali correlazioni.
In Italia è il vaccino del personale della scuola
Nel frattempo, in Italia crescono i dubbi e le perplessità, anche da parte di autorevoli esponenti della comunità scientifica, rispetto all’opportunità di somministrare il vaccino Astrazeneca alle donne al di sotto di una determinata età: l’esclusione riguarderebbe le donne sotto i 55 anni, forse anche i 50 anni. In pratica, considerando che la presenza a scuola del gentil sesso è superiore all’80% e l’età media sopra proprio quella soglia, anche tra il personale Ata, significherebbe ridurre in modo sostanzioso nell’intero comparo la somministrazione del vaccino della biofarmaceutica anglo-svedese.
Non a caso, risultano molto attenti a queste dinamiche i lavoratori della scuola: al 70%, ormai circa un milione di docenti e Ata, è stata infatti destinata la prima dose del vaccino anglo-svedese. E altri 300 mila sono in lista di attesa nei prossimi giorni. Senza contare che il 99% ha già in tasca la prenotazione per farsi iniettare la seconda dose (a distanza di quasi tre mesi dalla prima).
Sinopoli (Flc-Cgil): basta incertezze
Ma cosa pensano i lavoratori della scuola di tutto questo? Per il segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli, a questo punto “è urgente che l’autorità sanitaria faccia chiarezza sulle misure necessarie da adottare, perché” stiamo vivendo “un momento in cui l’unico strumento efficace per combattere la pandemia è la vaccinazione diffusa: non sono ammesse incertezze”, ha detto il sindacalista all’Adnkronos.
Gissi (Cisl): serve una voce sola
Anche secondo Lena Gissi, leader Cisl Scuola, “serve una sola voce” e “che si pronunci l’istituzione. L’Aifa, l’ Ema, il ministero della Sanità approntino uno studio per approfondire il tema in tempi concreti. Nell’incertezza – ha detto Gissi alla stessa agenzia – occorre seguire una linea, serve responsabilità”.
Mercoledì 7 aprile è prevista una riunione al ministero dell’Istruzione: “abbiamo chiesto di aggiornare il protocollo per la sicurezza alla luce dell’evoluzione della pandemia ci aspettiamo che domani si possa sapere se dal Cts ci sono risposte. Noi abbiamo segnalato, ad esempio che in alcune regioni il richiamo del vaccino per gli insegnanti avverrà a ridosso o in contemporanea con gli esami di maturità. Se ci fossero effetti collaterali è ipotizzabile che ci siano assenze durante gli esami”.
“Abbiamo quindi chiesto una valutazione della tempistica per vedere quando fare la seconda dose al personale scolastico”.
Per questo, ha concluso Gissi, “abbiamo espresso grande apprezzamento per l’idea di una scuola governata dal centro e protetta da Governo come bene prezioso: nel suo intervento il premier Draghi ha detto chiaramente che ‘avevamo un piccolo spazio per aprire e lo abbiamo dato alla scuola’. Ora occorre creare una situazione corresponsabilità sociale. Sono contraria alle decisioni di Emiliano, sta creando un conflitto tra famiglie, tra famiglie e personale scolastico, tra famiglie e società”.
Turi (Uil): Francia e Germania hanno detto basta
Ancora all’Adnkronos, dice la sua sulle vaccinazioni da fare al personale anche il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi: “Ema deve dire cosa fare ed eventualmente il Governo decidere se sospendere la somministrazione alle donne sotto i 55 anni. Serve assolutamente chiarezza di verità scientifica”, dice Turi.
“Abbiamo conoscenza di test proposti da laboratori non meglio identificati – aggiunge il numero uno della Uil Scuola – Anche in questo caso il fai da te è il modo di non risolvere le questioni. La scienza e il Cts devono emanare delle linee guida ai medici di base, a cui bisognerebbe fare riferimento per eventuali test preventivi”.
“Certo – conclude Turi – è che Francia e Germania hanno vietato la somministrazione per donne sotto i 55 anni e il governo deve decidere di adeguarsi o dissociarsi sulla base delle evidenze scientifiche. Non si può fingere che il problema non esista, anche per la semplice comunicazione sbagliata serve chiarezza”.