Il vaccino AstraZeneca che le Regioni si accingono a somministrare a centinaia di migliaia di docenti e Ata ha una efficacia maggiore (attorno all’80%), rispetto al 60% scarso sinora indicato, è utile anche per gli over 55 e in caso di contagio da Covid permette in altissima percentuale di scongiurare il ricovero e la terapia intensiva. Sono le risposte confortanti che stanno provenendo in questi giorni dai medici che hanno assistito i lavoratori della scuola (nel Lazio, Piemonte, Campania, Puglia, Emilia Romagna, Toscana e altre Regioni) in questi primi giorni di somministrazione del vaccino anti-Covid.
Le ultime indicazioni sul vaccino, la cui copertura si materializza dopo 3-4 settimane, giungono da istituzioni ufficiali, come l’Istituto Superiore di Sanità, che ha analizzato alcuni studi svolti in altri Paesi.
Conferma tutto Stefania Salmaso, epidemiologa dell’Associazione italiana di epidemiologia, che dalle pagine di repubblica.it spiega che grazie ad AstraZeneca “casi gravi e ricoveri subiscono una riduzione importantissima, dove le campagne procedono”.
“Lo si vede – continua – dai dati dell’università di Edinburgo relativi alla Scozia, relativi a Pfizer e AstraZeneca, e da quelli di Israele su Pfizer. AstraZeneca in Scozia sembra aver funzionato molto bene anche nel prevenire i casi gravi e i ricoveri fra gli anziani, mentre noi in Italia a causa della carenza di dati sulle età più avanzate, all’interno delle sperimentazioni, abbiamo limitato la raccomandazione a 65 anni” (superando quindi la soglia iniziale dei 55 anni).
Secondo la virologa, “l’esperienza all’estero potrebbe suggerirci di rivalutare questo limite” dei 65 anni.
Per tutti, continua Salmaso, comunque “dobbiamo procedere il più velocemente possibile”, perché, “i vaccini sono efficaci tre o quattro settimane dopo la somministrazione, e noi non siamo in grado di prevedere oggi dove saranno i focolai delle varianti fra un mese”.
Dunque, “quando emerge una zona rossa, è già troppo tardi per concentrare lì la campagna vaccinale”.
C’è molta disinformazione anche sulla seconda dose del vaccino. “E’ vero – ammette l’epidemiologa – un’ipotesi è che il problema nel distanziare troppo le due dosi non riguardi tanto l’efficacia, che resta abbastanza alta, ma la durata dell’immunità. Senza richiamo, o con un richiamo troppo ritardato, la protezione potrebbe accorciarsi. Molto dipende poi dal tipo di vaccino. Quelli a Rna come Pfizer e Moderna causano una risposta immunitaria in tempi più rapidi I vaccini a vettore virale come AstraZeneca impiegano probabilmente un po’ di più, per via del loro metodo di funzionamento. Questo è il motivo per cui il richiamo di AstraZeneca è più distanziato, può avvenire fino a tre mesi dopo dalla prima dose”.
Infine, a differenza degli altri vaccini, la prima dose di AstraZeneca risulta più “forte”, quindi anche con maggiori potenziali effetti collaterali rispetto alla seconda somministrazione.
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