Ad un mese dalla nomina di ministro dell’Istruzione, il professore Giuseppe Valditara continua a mandare conferme sulla paternità della parola ‘merito’ aggiunta appositamente nel nome del dicastero per rimarcarne l’importanza. “Aver coniugato Istruzione e merito è un messaggio politico chiaro”, aveva detto a caldo il neo numero uno del dicastero di Viale Trastevere Giuseppe Valditara. Qualche settimana dopo, il 17 novembre, il ministro è tornato sull’argomento parlando a Roma durante il convegno ‘Scuola, i numeri da cambiare’.
“Dobbiamo realizzare una grande alleanza per il merito: senza non riusciremo a far fare passi importanti al nostro sistema formativo. Una alleanza che coinvolga le famiglie, i ragazzi, insegnanti e le parti sociali. Io ho iniziato col contratto, che ha portato al più importante aumento degli ultimi rinnovi”, ha tenuto a dire il ministro. Il riferimento è al 4,22% di incrementi rispetto al 3,48% del 2018, anche se si tratta di aumenti tutti derivanti dalle ultime Leggi di Bilancio, quindi non certo dall’attuale Esecutivo.
Dalle parole di Valditara, quindi, si evince che il ‘merito’, per il quale si sta battendo in questa nuova legislatura, non riguarda solo gli allievi, ma anche il personale scolastico.
Il ministro del dicastero bianco ha parlato espressamente di “valorizzazione dei docenti. La scuola sconta la crisi di autorevolezza del docente. Io ricordo la scuola del maestro con la ‘M’ maiuscola. Bisogna ridare loro autorevolezza e pretendere che siano consapevoli della loro straordinaria dignità”.
Sulla questione, comunque, si capirà molto di più quando il Governo attuale scoprirà le carte sul DL 36 che con il ministro Patrizio Bianchi ha prodotto incentivi per pochissimi docenti da pagare tra dieci anni.
Certo, con il nuovo contratto 2029-21 non c’era molto da discutere. I soldi erano già stanziati. E anche la strada era praticamente tutta tracciata e non c’era nulla di eclatante da definire: l’unico elemento da definire, oltre i 340 milioni del Mof, per il momento “congelati”, era la tempistica. Sulla quale, però, a quanto risulta alla Tecnica della Scuola e mai negato nemmeno dai sindacati, c’è stata l’accelerazione del ministero dell’Economia e delle Finanze per non rischiare di presentarsi nel 2023 con oltre 3 miliardi di euro “in cassa”.
Valditara ha anche argomentato i motivi della sua posizione favorevole al ‘merito’: “Non sono d’accordo – ha spiegato – con chi dice che noi vogliamo creare la scuola della selezione sociale. Noi vogliamo creare la scuola della valorizzazione dei talenti, che non penalizzi chi ha una intelligenza pratica e non astratta”.
Il ministro ha voluto ricordare un suo amico che, spesso bocciato in italiano e matematica, aveva un talento particolare per realizzare oggetti utilizzando degli pneumatici da camion: “Se quel ragazzo avesse avuto ai tempi una scuola professionale adeguata – ha sottolineato – si sarebbe realizzato nella vita e invece non ha avuto questa opportunità”.
Valditara ha poi sostenuto che “le materie scolastiche devono essere adeguate alle propensioni dei ragazzi”.
Quindi, ha voluto rispondere a chi sostiene che con la politica del ‘merito’ si abbandonano gli studenti con problemi di apprendimento o poco inclini a studiare: “Per me ha fondamentale importanza la formazione sempre più personalizzata con il docente che sappia farsi carico dei ragazzi che hanno difficoltà oppure dei talenti da far emergere. E quindi: personalizzazione e flessibilità dei piani di studio”.