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Valditara: il rapporto fra scuola e lavoro non deve farci schifo, serve a dare competenze ai giovani. L’intervento del Ministro al Meeting di Rimini

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Riportiamo le dichiarazioni rilasciate dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara durante il suo intervento al Meeting di Rimini 2024.

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Parto da una considerazione: la mia visione di scuola, l’ho detto sin dall’inizio del mio incarico, è quella costituzionale cioè è la scuola che mette la persona al centro e la scuola che ruota attorno alla valorizzazione della persona dello studente.

Non a caso ho citato più volte quel bellissimo discorso di Giorgio la Pira in sede di assemblea costituente quando sosteneva che la differenza fondamentale fra la l’ordinamento repubblicano e l’ordinamento fascista (ma, aggiungo io, tutti gli ordinamenti totalitari quindi certamente anche quello comunista) è la centralità della persona: lo Stato al servizio della persona e non viceversa.

Guardate che l’inserimento di questo principio all’interno della nostra Costituzione non fu affatto scontato perché il partito comunista e anche il partito socialista all’inizio erano contrari, poi siccome si voleva una convergenza sulla costituzione nascente, Togliatti ebbe l’intelligenza e il pragmatismo per addivenire a questa conclusione con una battuta che più o meno suonava così: “Siccome noi comunisti riteniamo che lo Stato sul lungo periodo debba scomparire possiamo benissimo accettare che la persona venga prima dello Stato”.

Dobbiamo sempre partire da questa considerazione e allora se la persona è al centro, se la persona dello studente è al centro, dobbiamo essere anche conseguenti, cioè dobbiamo valorizzare le differenze perché le differenze (per esempio le differenze dei talenti,  delle abilità e delle potenzialità) sono una ricchezza e dobbiamo costruire un modello di scuola che individui quei talenti e li valorizzi.

Ma allora questo non può essere semplicemente declamato ma deve essere anche concretamente realizzato: da qui l’idea del docente tutor e del docente orientatore perché il docente tutor è quello funzionale proprio a questa personalizzazione della formazione; consentitemi di dire che questa è già una piccola prima rivoluzione cioè l’idea di una scuola in cui la struttura dell’insegnamento sia ritagliata come ho più volte detto come un abito sartoriale sulle potenzialità e sulle intelligenze del singolo giovane.

E questo non è affatto scontato perché quando a Washington ci fu l’incontro con tutti i sindacati e tutti i governi dell’Ocse per discutere di prospettive del sistema scolastico ci fu un sindacato molto importante che si rifiutò di firmare un documento in cui mettevamo al centro l’idea di personalizzazione.

Io credo che noi dobbiamo anche uscire da quel modello vecchio di scuola, che è poi il modello gentiliano che considerava unitaria l’intelligenza; alla fine del secolo scorso, Gardner e altri psicologi hanno affermato un principio molto importante cioè quello della pluralità delle intelligenze; se noi vogliamo veramente mettere la persona al centro non possiamo non partire da questo presupposto: se tutte le intelligenze hanno eguale valore ed eguale dignità, noi dobbiamo potenziare anche quei percorsi scolastici che danno valore, spazio e opportunità a quelle intelligenze magari più pragmatiche e più concrete che invece secondo la tradizionale impostazione della nostra scuola venivano messe da parte; così come dobbiamo rifiutare il modello gramsciano di educazione che ancora oggi si sente riemergere per cui ci sarebbe bisogno di un percorso unitario indifferenziato uguale per tutti.

Il percorso non può essere uguale per tutti, perché ci sono dei talenti che sono diversi; questi talenti vanno appunto valorizzati e da qui la riforma da qui la riforma del 4 + 2, e mi fa piacere con Italia viva ci sia stata una interlocuzione importante.

Vi svelo un piccolo segreto: nella riforma del 4 + 2 le non cognitive skills, cioè le soft skills sono già contenute, cioè noi abbiamo anticipato questa riforma che è stata approvata alla Camera; c’è una ricerca dell’università di Harvard che ha testimoniato come il primo elemento per essere assunti nel mondo del lavoro per avere successo al mondo del lavoro sono proprio le cosiddette soft skills sono proprio le non cognitive skills e quindi è evidente che una riforma moderna come quella del 4 + 2 non poteva non prevedere anche questo elemento ed è una riforma che ancora una volta valorizza la persona.

Ma certamente la formazione è in working progress per cui noi non possiamo mai considerare concluso il percorso formativo, ma dobbiamo innanzitutto dare una risposta ai nostri giovani che hanno quei talenti meravigliosi che vanno valorizzati e dobbiamo dare una risposta anche all’esigenza del nostro mondo produttivo perché non deve, perdonatemi il termine, farci schifo il rapporto fra scuola e mondo del lavoro, fra scuola e impresa, perché è evidente che è soltanto laddove vi sia un produttivo rapporto fra scuola e impresa che ci possono essere delle grandi opportunità per i nostri giovani.

Il mondo dell’impresa ci dice oggi che mancano drammaticamente delle competenze che non è si creeranno fra chissà quanto tempo ma devono essere immediate; è stato fatto un calcolo da parte di Unioncamere: pensate che nel 2027 il 47 % dei posti di lavoro non potrà essere coperto perché il sistema scolastico non offre quelle specializzazioni e allora dobbiamo avere il coraggio di costruire un percorso scolastico che sia sempre più in dialogo con il mondo dell’impresa.

Quando io parlo con i miei colleghi di altri paesi europei e non loro danno per scontato ci debba essere un rafforzamento dell’alternanza scuola lavoro (la chiamo ancora così perché PCTO è una di quegli acronimi così come dire politicamente buonisti, è un po’ imbarazzante).

Mi piace citare il vertice del G7 di Trieste e le parole di Miguel Cardona che è il ministro democratico americano che, nel fare i complimenti alla presidenza italiana, disse: “In questi due giorni abbiamo assistito ad un dibattito che ha saputo unire persone di Stati diversi appartenenti a partiti politici diversi e l’abbiamo saputo unire partendo dalla centralità della persona, partendo dal rapporto scuola impresa, dalla necessità di una rafforzamento dell’istruzione tecnico professionale”.

Queste problematiche sono ormai consolidate e diffuse e se io dovessi parlare con un ministro socialdemocratico e dovessi dirgli che in Italia ci sono ancora resistenze sull’alternanza scuola lavoro,  sul fatto che gli imprenditori manager laddove manchino specializzazioni possano insegnare nella scuola, sul percorso che mette insieme istruzione tecnico professionale e formazione professionale e sulla valorizzazione degli ITS, beh quello mi guarderebbe come se io fossi sceso dalla luna.

Purtroppo il dibattito italiano è ancora troppo condizionato dalla ideologia e da questo punto di vista Io credo che bisogna anche capire che cosa vuol dire valorizzare concretamente la persona per combattere la dispersione scolastica.

Mi fa piacere che gli ultimi dati Invalsi di quest’anno abbiano iniziato a registrare per esempio un’inversione del rapporto fra sud e nord perché uno dei temi a mio avviso più allarmanti del nostro percorso del nostro sistema scolastico è proprio questa frattura pluridecennale fra nord e sud; noi invece dobbiamo costruire un percorso scolastico che crei opportunità per ogni giovane indipendentemente da dove vive.

L’Agenda Sud è stato proprio un mettere la persona dello studente al centro; non a caso abbiamo fatto anche una rilevazione di tutte quelle scuole che manifestano maggiori criticità e siamo andati ad investire in quelle scuole che manifestano maggiori criticità; ma abbiamo aggiunto anche agenda nord perché anche in quelle scuole iniziano a manifestarsi criticità.

Quando noi abbiamo detto che occorre potenziare l’insegnamento dell’italiano per gli stranieri perché abbiamo scoperto che oltre il 30% dei ragazzi stranieri si disperde cioè non va più a scuola, non prosegue nel percorso scolastico; cioè un terzo degli studenti stranieri di prima generazione viene emarginato e non ha un futuro, non ha un futuro professionale.

Quando abbiamo scoperto, sempre grazie alle ricerche di Invalsi, che i ragazzi persino di terza media stranieri di prima generazione hanno un tasso di conoscenza della lingua italiana enormemente inferiore rispetto ai loro colleghi italiani, allora abbiamo capito che quello è un momento di vera discriminazione perché quel ragazzo che sta nella stessa classe in realtà è indietro di un anno rispetto al compagno italiano e se noi non andiamo a potenziare l’insegnamento dell’italiano con un percorso di formazione e di reclutamento degli insegnanti specializzati per insegnare italiano a chi non sa una parola della nostra lingua, non facciamo vera integrazione

Poi sono rimasto molto sorpreso quando ho fatto una proposta per superare quel problema di frattura della continuità didattica per quanto riguarda in particolare i giovani con disabilità.

Io ho proposto (e la proposta è stata approvata dal Parlamento) che le famiglie, se il rapporto fra docente studente con disabilità ha funzionato, possano chiedere alla scuola che si garantisca la continuità didattica per gli anni successivi; questo, se la famiglia è contenta, se il ragazzo è soddisfatto, se si è instaurato un buon rapporto con quel docente precario, perché per il docente di ruolo già lo abbiamo inserito l’anno scorso e quindi deve stare per tre anni su quel posto.

Per questo sono stato accusato di voler portare i privati nella scuola italiana ma io ricordo che c’è un articolo 30 della Costituzione che stabilisce il diritto dovere dei genitori di istruire, educare e formare i propri figli e dunque capite che i genitori non sono dei privati; i genitori non sono dei privati ma fanno parte proprio di quel patto educativo.

Parliamo anche del tema dei docenti: bisogna ridare autorevolezza ai nostri docenti che svolgono un ruolo fondamentale per la nostra società, l’autorevolezza si conquista e si realizza non soltanto cercando di aumentare gli stipendi che è un passaggio ineludibile e fondamentale, cosa che abbiamo cercato e stiamo cercando di fare in questi due contratti; ma anche, banalmente, con piccole ma significative misure.

Per esempio, per quale motivo i docenti sino all’anno scorso erano esclusi dall’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro?  Non sono lavoratori anche loro?  E per quale motivo, per esempio, l’avvocatura dello Stato non può essere messa a loro disposizione quando un docente sia aggredito da qualcuno nel suo percorso lavorativo? Per quale motivo considerare una mancia il welfare scolastico? Così si è espresso un’importante sindacato.

Ma se io faccio avere degli sconti sui mutui o sul conto corrente e se per esempio penso ad un’assicurazione sanitaria per tutti gli insegnanti, se penso a degli sconti sui trasporti perché parlare di mance?

I lavoratori privati li hanno questi sconti, il welfare aziendale è una cosa importante.

E veniamo al voto di condotta: perché demonizzare il voto di condotta?  Ma vi sembra serio che se un ragazzo si comporta da bullo ottenga il ‘premio’ di starsene a casa un po’ di giorni? Spero che a settembre ci sia l’approvazione definitiva di questa legge perché per lo studente bullo ci vuole più scuola non meno scuola e anche le attività di cittadinanza solidale sono un’altra importante testimonianza di quanto sia importante conoscere veramente la solidarietà il rapporto con gli altri.

Mi fa anche piacere che Toccafondi abbia aperto su queste Linee Guida per l’educazione civica che mettono ancora una volta al centro la persona e i valori costituzionali; perché questo significa insegnare la solidarietà, l’eguaglianza dei diritti e dei doveri. Ma significa anche insegnare la libertà e il valore del lavoro perché il lavoro è un valore fondamentale e non è un caso che il nostro costituente l’abbia messo all’articolo uno e all’articolo quattro considerandolo persino un dovere.

Questo è un valore che deve essere insegnato sin dalla scuola elementare, sin dall’inizio del percorso scolastico per capire la bellezza del lavoro; e poi ancora il tema delle iniziative economica privata: noi vogliamo una crescita nel rispetto dell’ambiente ma vogliamo una crescita, non una decrescita; abbiamo bisogno di creare ricchezza se vogliamo diffondere la crescita, lo sviluppo e il benessere. Dobbiamo creare ricchezza e quindi insegnare anche la centralità dell’articolo 41 della nostra Costituzione, ma poi ancora l’appartenenza ad una comunità locale e nazionale che la Costituzione definisce patria; e perché dobbiamo vergognarci di una parola così bella che non ha nulla a che vedere con il nazionalismo.

E poi certamente c’è l’appartenenza alla comunità europea che significa appartenenza innanzitutto ad un sistema di valori che noi dobbiamo avere il coraggio di difendere perché sono valori di una civiltà costruita nel corso dei secoli e dei millenni e noi non possiamo non essere consapevoli che l’appartenenza a questa grande comunità continentale significa anche condivisione di grandi valori che poi sono quelli tradotti anche dalla nostra costituzione e allora vedete come tutto questo sia però funzionale alla centralità della perso

Se noi veramente vogliamo partire da qui dobbiamo avere lo studente al centro, la valorizzazione dei suoi talenti, la valorizzazione delle tante belle diversità e intelligenze.

Concludo citando i proprio un esempio che ho imparato in una scuola nei primi mesi del mio incarico; andando a visitare una vostra scuola in Brianza (e mi fa molto piacere ricordarla qui perché poi queste testimonianze si sono moltiplicate ed arricchite anche nella scuola statale) mi dissero, forse facendo una battuta ma non troppo distante dalla realtà: “Noi accogliamo soltanto ragazzi che sono stati bocciati almeno due volte oppure che hanno avuto problemi penali alle spalle” e mi presentarono dei ragazzi che erano stati condannati per spaccio, rapina e furto, ma ragazzi bellissimi, ragazzi con un entusiasmo con una voglia di crescere con una voglia di imparare e nell’oltre 90 % dei casi questi ragazzi trovavano subito un lavoro un lavoro che li realizzava mi hanno portato a vedere come lavoravano su una Vespa.

E lì imparavano poi anche le leggi della fisica e anche un po’ la matematica; vedete come dalla concretezza, poi da questo entusiasmo che si creava sviluppavano quella intelligenza che avevano dentro di loro e che altri percorsi scolastici magari non erano stati in grado di valorizzare bene.

Io ho detto: “Sono orgoglioso di voi ragazzi, perché voi rappresentate il significato vero profondo ultimo della scuola cioè quella di valorizzare l’intelligenza di ciascuno e questa scuola ha saputo darvi una grande opportunità”.

Ecco, è questa la scuola delle opportunità, delle tante diversità e dei tanti percorsi, non la scuola unitaria non la scuola indifferenziata ma la scuola dei talenti, la scuola della bellezza, della ricchezza vera.

Insisto molto su queste due “elle”, libertà e lavoro che sono due grandi principi cardine del nostro percorso formativo e scolastico. E’ da qua che parte la vera rivoluzione.