Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha inviato una lettera La Stampa ritornando sulla questione dell’umiliazione, parola da lui usata qualche mese fa parlando di recupero dei bulli. Le sue affermazioni hanno attirato moltissime critiche, da cui lui si difende ancora oggi.
“Si faceva riferimento, durante un dibattito pubblico, ad un caso specifico di bullismo grave in cui uno studente, dopo aver disegnato una svastica sulla cattedra per ingiuriare la docente ebrea, l’aveva persino presa a pugni. Detto
questo l’uso del verbo era al riflessivo: ‘il bullo umiliandosi ad accettare la sanzione’ dei lavori di utilità sociale. Accettare la sanzione della scuola significa avviare un processo di maturazione e crescita, perché limitando il proprio
ego, riportandolo a terra, imparando il senso della solidarietà, il ragazzo bullo impara a riconoscere gli altri e a rispettarli. Mai pensato o detto di una scuola che abbia come finalità di umiliare gli studenti, è estranea alla mia cultura, ai principi a cui ho improntato la mia attività accademica”, ha cercato di chiarire una volta per tutte.
Valditara ha poi elencato quanto svolto dall’inizio del suo mandato a ora: “Fra le tante iniziative che ho messo in campo c’è Agenda Sud, che è la prima esperienza organizzata di lotta alla dispersione scolastica, finalizzata proprio a combattere i divari di apprendimento nelle regioni meridionali; la personalizzazione della formazione, con le funzioni di tutorato e di orientamento per i ragazzi, proprio per valorizzare le potenzialità di ciascun giovane e contrastare la povertà educativa; le linee guida (e gli investimenti) sull’insegnamento delle materie Stem, e tanto altro ancora”, ha concluso.
Ecco il discorso incriminato di Valditara dello scorso novembre: “Se si sospende un ragazzo, il rischio è che poi vada a fare altri atti di teppismo, o magari si dia allo spaccio o alla microcriminalità. Quel ragazzo deve essere seguito, quel ragazzo deve imparare che cosa significa la responsabilità, il senso del dovere. Noi dobbiamo ripristinare non soltanto la scuola dei diritti, ma anche la scuola dei doveri”, ha detto il ministro, spiegando cosa dovrebbe essere attuato per recuperare alunni violenti o in situazioni di disagio.
“Quel ragazzo deve fare i lavori socialmente utili, perché soltanto lavorando per la collettività, per la comunità scolastica, umiliandosi anche, evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità. Di fronte ai suoi compagni è lui, lì, che si prende la responsabilità dei propri atti e fa lavori per la collettività. Da lì nasce il riscatto. Da lì nasce la maturazione. Da lì nasce la responsabilizzazione”, queste le parole forti con cui Valditara ha esposto il suo pensiero.
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