Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, insediatosi a ottobre scorso, intervistato ai microfoni de La Repubblica ha fatto un bilancio dei suoi quasi 10 mesi a Viale Trastevere, a qualche giorno dalla suoi primi esami di maturità da ministro.
Ecco com’è stata la maturità per il giovane Valditara: “La prova di italiano fu su Carlo Porta, poeta dialettale; scrissi della figura di Giovannin Bongee, il garzone di bottega protagonista di una serie di disavventure. Porta mi piaceva, mi piaceva l’umanità varia dei suoi personaggi. Feci una riflessione sulla riscoperta della letteratura dialettale e sull’anima della mia città. L’interrogazione orale – ricordo un testo di Euripide – fu bella ma molto impegnativa. La tensione dei giorni precedenti mi abbandonò, quasi quasi mi divertii”.
Ecco altri aneddoti sulla sua esperienza a scuola: “Secchione? Lo sono stato dopo, all’università. Prima, per nulla. Pensi che ero stato interrogato in matematica a febbraio e poi non avevo più aperto libro immaginando che non sarebbe uscita matematica agli esami. A due settimane dagli scrutini, la professoressa mi dice: ‘Valditara, o ti fai interrogare o non ti ammetto alla maturità’. Dovetti studiare il programma di un quadrimestre in due settimane. Negli anni successivi ogni tanto sognavo che mi avessero annullato la maturità e che dovevo rifare tutto”.
Valditara poi, dopo il momento amarcord, ha fatto chiarezza sulla maturità 2023: “Gli scritti sono sempre gli stessi, l’orale non è un’interrogazione disciplinare in senso stretto, ma un colloquio: deve emergere cosa si è assimilato in termini di contenuti e di metodo, la capacità di fare collegamenti fra discipline. Un vero esame di maturità, che non si misura chiedendo le regole imparate a memoria”.
E, sui docenti di oggi: “Incontro tanti docenti impegnati, pieni di entusiasmo per il loro lavoro, consapevoli di svolgere un’autentica missione. Cosa c’è di più bello che dare il futuro ai nostri ragazzi? Ma ci sono anche docenti demotivati. Oggi si chiede loro tanto. E spesso non si sentono rispettati. Occorre ridare autorevolezza al loro ruolo. Anche per questo era indispensabile chiudere il contratto che era bloccato da tempo e mettere a disposizione la difesa legale nel caso di aggressioni, prevedere che lo Stato si possa costituire parte civile, vietare l’uso scorretto del cellulare in classe, introdurre l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, disporre la ricostruzione di carriera per i docenti precari, ma anche introdurre la funzione del docente tutor e orientatore”.
Impossibile non parlare del problema delle frequenti aggressioni ai docenti: “È un fenomeno purtroppo in crescita, soprattutto dopo il Covid. Il bullismo colpisce anche gli insegnanti. Talvolta poi i genitori fanno i sindacalisti dei figli. Occorre recuperare lo spirito di una grande alleanza che unisca famiglie e docenti. D’altra parte il lavoro del docente è di per sé stressante, obbliga a un continuo confronto. Il mio obiettivo è che nelle scuole torni la serenità. E il ministero farà tutto quello che è nelle sue possibilità. Poi bisogna lavorare a supporto della scuola, anche utilizzando il contributo di task force di psicologi”, ha detto Valditara.
Ecco a quale Paese si ispira il ministro nel suo operato: “L’istruzione tecnico-professionale in Germania è certamente all’avanguardia, e a noi serve una grande riforma per dare competenze e occasioni di lavoro ai ragazzi, e per rendere più competitivo il sistema industriale. Anche la figura del docente tutor va in questa direzione: costruire percorsi scolastici personalizzati, che aiutino chi è in difficoltà a recuperare, e che diano nuovi stimoli a chi è già capace”.
“Per me vale la regola delle due ‘elle’: libertà e lavoro. La scuola deve educare a diventare cittadini maturi e consapevoli, capaci di scegliere, senza essere alla mercè di persone, istituzioni, gruppi, ideologie. Deve educare alla libertà, e lo fa attraverso la cultura, la preparazione che è disciplinare e umana. E poi deve insegnare la bellezza del lavoro. In conformità ancora una volta con la nostra Costituzione. Se a bimbi di 8 anni un artigiano mostra come ha costruito un tavolo che esprime la sua arte, con competenza e sacrificio, si vedrà che con quelle mani e con quell’ingegno si creano oggetti meravigliosi. E li si apprezzerà”, ha aggiunto.
Nel corso dell’intervista si è parlato anche di programmi scolastici: “Quando ero senatore e mi occupavo di scuola, ho contrastato il mito del ‘900 e l’indebolimento dello studio del passato, delle nostre radici culturali, per cui tutto doveva ruotare intorno allo studio del secolo breve; e lo stesso vale per la letteratura. Manzoni è fondamentale, e non si tocca”.
E, sull’idea di fornire ogni docente uno studiolo arredato dove studiare e ricevere i genitori: “Tanti anni fa, al liceo Beccaria di Milano, trovai i professori con indosso il cappotto, che ricevevano in piedi i genitori. Un’immagine che mi colpì molto. Da assessore provinciale disposi che ogni nuova scuola e ogni scuola ristrutturata dovessero avere uno studio per i docenti. Allora noi ci riuscimmo. Perché non si può fare adesso che ci sono finanziamenti importanti? Abbiamo lanciato un piano di ristrutturazioni trovando risorse aggiuntive a quelle del Pnrr. Le aggiungo che gli ambienti devono essere belli, perché il bello favorisce la concentrazione e rende più stimolante l’ambiente di lavoro e di studio. Certi colori sono meglio di altri, gli arredi contano. Ne ho parlato di recente con Renzo Piano. L’idea è quella di fornire agli enti locali delle linee guida”.
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