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Manager lascia il lavoro per insegnare: “Ero infelice. Ora rinuncio a qualche cena e risparmio in medicine ma sono appagata”

Un’altra storia relativa ad una persona che ha lasciato un lavoro prestigioso e ben retribuito per seguire il proprio sogno: insegnare. Stavolta si tratta di una business manager di 40 anni, che viveva una vita per lei insoddisfacente fino a comprendere di doverla cambiare, come riporta La Repubblica.

“Il primo passo è stato trovare il coraggio. Il coraggio di dire basta. Adesso so chi sono. Ed è da questo che prendo la forza per fare tutto”, ha detto la donna, che lavorava per una multinazionale di consulenze che le dava un ottimo stipendio, la macchina aziendale, molti benefit. Un ruolo di responsabilità, anche 12 ore di lavoro al giorno.

Prima di iniziare il lavoro da manager aveva preso, oltre alla laurea in Economia e Management, altre due lauree, di cui una in Scienze dell’educazione e della formazione. Ora diventerà una maestra. “A un certo punto mi sono resa conto di essere profondamente infelice. Il lavoro era diventato solo stress. Era usurante, non mi sentivo gratificata, non avevo veri rapporti umani, non potevo più sopportare neanche il suono di Teams, mi veniva la nausea. Non avevo più tempo per fare niente, perché non staccavo mai, c’erano call anche mentre andavo a prendere i bambini a scuola. Avevo smesso di sorridere, mangiavo poco, ero sempre spenta, triste. Così ho capito che dovevo per forza cambiare. Dovevo cambiare tutto”.

Troppo stress

“Mi sono accorta che quando lasciavo i bambini a scuola spesso piangevo – ricorda – Non volevo andare via. In quei giorni ho capito che quello che volevo fare era proprio stare a scuola: era insegnare. Così non ci arrivo alla pensione, muoio prima”, ripeteva.

Da qui la decisione di rispolverare la sua laurea in Scienze dell’educazione. La donna si è iscritta così a un altro corso di laurea: Pedagogia e poi ha preso contatti con delle scuole per poi licenziarsi. Presto è arrivato il primo contratto, in una scuola dell’infanzia a Roma.

“Mi hanno accolto benissimo, è un ambiente sereno, le colleghe sono stupende – dice – E io sono felice tutti i giorni. Quei venti bambini che mi aspettano in classe mi danno gioia pura. Adesso esco di casa col sorriso. È stata una cosa folle, ma non tornerei mai indietro. La mattina preparo i miei figli, li porto a scuola e loro mi dicono: ‘Mamma, divertiti’. E sono entusiasti della mia nuova vita, anche perché sto molto più tempo con loro. Daniele mi ha sussurrato all’orecchio: ‘Ora che hai cambiato lavoro sei diventata più bella’”.

Lo stipendio, ovviamente, è di gran lunga inferiore: “È vero, ma ho iniziato a insegnare anche all’università. Grazie alle mie competenze tengo un corso di Marketing come docente a contratto alla Lumsa. Inoltre con la laurea in Pedagogia spero tra qualche anno di poter allargare le mie prestazioni nella scuola. Vorrei fare, oltre all’insegnante, il coordinamento didattico e del personale come pedagogista. Per ora rinuncio a qualche cena fuori e – aggiunge ridendo – risparmio in medicine. Faccio un lavoro che mi appaga completamente e che per me ha un valore enorme: quello di educare e formare. E soprattutto adesso so chi sono veramente: io sono un’insegnante”, ha concluso.

Fioccano storie simili

Questa storia ricorda quella relativa ad una bancaria che ha fatto lo stesso: si è licenziata ed è diventata un’insegnante. Queste le sue parole: “Lavoravo da 16 anni in banca, nella filiale praticamente a due passi da casa. Avevo un contratto a tempo indeterminato. Il mio sogno, però, era quello di fare l’insegnante. Ho dunque partecipato all’ultimo concorso ma mai avrei pensato di vincerlo. Mi sono chiesta: sono davvero felice? Dopo questa riflessione, non ho avuto dubbi. Mi sono licenziata e sono partita per questa nuova avventura”.

“Ho due bambini di 9 e 12 anni e sono separata – ha raccontato la neo insegnante – sono fortunata perché i miei genitori mi aiutano. Al mattino mi alzo alle 5, ci prepariamo e io parto per raggiungere il Friuli. Purtroppo, dove abito non c’è un’entrata autostradale comoda, percorro quindi una strada abbastanza trafficata e pericolosa. Se va tutto liscio, dopo circa due ore, arrivo a Sacile, puntuale per la lezione. La strada non mi pesa, meglio fare una fatica in più, ma sentirsi realizzati. È il consiglio che do anche ai miei studenti: osate e inseguite i vostri sogni. Certo, spesso i sogni costano fatica”.

“Quanto lavoravo in banca, durante i colloqui per le assunzioni, vedevo tanti giovani chiedere subito informazioni su ferie, giorni liberi, pagamento degli straordinari. Anche al primo impiego, non c’è sempre voglia, tra le nuove generazioni, di fare qualche sacrificio in più per realizzare i propri obiettivi professionali. Prima della banca ho fatto diversi lavori, tutte esperienze che mi hanno permesso di crescere e, soprattutto, che mi hanno convinto a non rinunciare mai ai miei sogni. Anche a 50 anni, può arrivare, infatti, la svolta”, ha aggiunto, parlando dei giovani di oggi.

Redazione

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