Libero, il giornale dichiaratamente di centro-destra, e manifestamente legato alle avventure politiche di Berlusconi, fa, in un suo articolo, la cronistoria dei ministri della Istruzione (a cui un tempo si anteponeva l’aggettivo “pubblica”, tolto proprio dalla ministra Letizia Moratti del centro destra), dicendo che si è passati, nel volgere di qualche tempo, da nomi di italiani illustri della cultura nazionale e internazionale, a personaggi come la Fedeli che, se da un lato non possiede neanche la laurea, ha però dall’altro qualche problema con l’uso del congiuntivo. Ha scritto infatti la ministra in un suo articolo: «sarebbe opportuno che lo studio della Storia non si fermasse tra le pareti delle aule scolastiche ma prosegua anche lungo i percorsi professionali».
Avrebbe potuto, sottolinea l’articolo, impegnarsi, vista la sua provenienza sindacale, nei settori dell’economia o del lavoro, ma proprio al Miur non ci doveva andare, anche per non trasmettere esempi negativi agli studenti ai quali dunque verrebbe rafforzata l’idea che anche senza laurea si può fare carriere e che carriera.
Tuttavia, se nelle grandi linee all’opinionista di Libero si può pure dare ragione, non convince la sua riflessione quando appunto omette di citare ministri dell’Istruzione come Moratti e Gelmini.
È vero che entrambe sono laureate e che la prima è stata anche sindaco di Milano e presidente della Rai, ma avrebbe dovuto pure riflettere sul fatto che Moratti non aveva titoli accademici, come quelli a cui ha fatto riferimento Libero, mentre la seconda ha preso l’abilitazione alla professione forense in Calabria, trasmigrando dalla Lombardia dove la selezione era più severa.
Fra l’altro, ricordiamo, che sulla magnanima disponibilità delle commissioni calabresi si aprì un caso che fece scandalo e scalpore, tanto che Gelmini, in qualità di ministra, si affrettò a chiare che, avendo bisogno di lavorare, era stata in qualche modo costretta a presentarsi là dove era quasi sicuro abilitarsi.
Dunque, ritornando al titolo di Libero, che accusa Fedeli di essere “la peggiore ministra di sempre”, vorremmo sommessamente segnalare che abbiamo avuto anche altre esempi non del tutto edificanti per gli studenti e per i prof e per quelli soprattutto che sono ogni giorno in trincea nelle scuole di frontiera.
Ma un’altra cose ci preme sottolineare, allorché l’articolista scrive: “Studiare e apprendere è in primo luogo un beneficio personale ma è anche un contributo alla Nazione, alla società nel suo insieme, perché migliorandosi singolarmente si migliora tutti. Un Paese senza materie prime e ricchezze naturali cresce attraverso la qualità dei suoi cittadini. La cultura per l’ Italia deve rappresentare un patrimonio nazionale, non solo quella materiale data dalle antichità, ma anche quella immateriale che si sostanzia nella letteratura, nella filosofia, nella musica, nell’ eredità di grandi autori”.
Verissimo e sacrosante parole: ma allora perché non ha citato, visto che c’era, l’affermazione dell’ex ministro del tesoro Tremonti, anche lui di centro-destra, che ebbe a dire, il 14 ottobre 2010: “Con la cultura non si mangia»; e non contento aggiunse: «Di cultura non si vive, vado alla buvette a farmi un panino alla cultura, e comincio dalla Divina Commedia».
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