La Valle Aurina è una delle più belle e frequentate dell’Alto Adige. Partendo da Brunico, in Val Pusteria, conduce sino alla Vetta d’Italia. Ebbene, quella bella valle è salita agli onori della cronaca perché è diventata terra di una sperimentazione educativa che sta sempre più prendendo piede, cioè l’educazione parentale.
Ricordiamo, poi, che la provincia di Bolzano è tra territori con un’alta percentuale di non vaccinati. Se noi, poi, mettiamo assieme le conseguenze della pandemia col fatto che ci troviamo in zone di lingua tedesca, cioè nel Sud-Tirolo, è facile comprendere come da queste valli, nella scorsa primavera, siano partite le prime manifestazioni no-mask.
Limitandoci al mondo della scuola, se in Italia il personale scolastico vaccinato con la prima dose è sopra il 90%, a Trento siamo all’80% e a Bolzano siamo al 64%. Per il ciclo vaccinale completo siamo a Trento al 66% e a Bolzano al 53%, mentre la media italiana è all’85%.
Del resto, sempre a Bolzano i vaccinati per il morbillo non arrivano al 70%. Una consuetudine dunque radicata in una larga fetta della popolazione.
Questi territori, invece, propendono per le medicine alternative e complementari. Alternative, cioè, con pratiche non tradizionali, le quali forniscono diagnosi e cure su teorie non suffragate scientificamente, mentre complementari sono quelle proposte che affiancano la medicina tradizionale, come terapia d’appoggio.
Nel paesino di Gais, dunque, un “maso” è stato scelto da alcune famiglie del comprensorio per l’istruzione parentale, già prevista dalla normativa, e sino ad oggi scelta in Italia da poche famiglie. Anche nel cuore della valle, a Campo Tures, è sorta nel frattempo un’altra scuola. I sindaci della zona, legati alla SVP, da sempre al governo in queste realtà, non condividono queste scelte, e dicono di non saperne molto. Gli unici dati sono quelli dei ritiri da scuola. Ed i numeri parlano di poco più di una decina a Campo Tures e di una decina a Gais.
Anche i presidi ammettono di non saperne molto, e preferiscono non commentare. Comunque in tutto l’Alto Adige, dicono dalla Intendenza scolastica, cioè dal provveditorato, sono 600 le famiglie bolzanine che si sono avvalse della formazione privata. E per frenare il fenomeno il consiglio provinciale ha appena approvato una legge per fissare con rigore i limiti, trattandosi di obbligo scolastico.
Gli esami, ad esempio, si terranno nella scuola di appartenenza, e non in altra sede o città, e chi sceglie questa modalità si vincolerà per tutto l’anno, senza pretendere di mandare i figli nelle scuole statali a giorni alterni.
Ma c’è uno zoccolo duro, legato in particolare a famiglie che sono vicine all’ideologia sovranista, cioè autoctona e contro l’autorità dello Stato italiano, che non intende recedere dall’idea di non far svolgere gli esami nelle scuole di appartenenza. Mettendo così a rischio il futuro scolastico dei propri figli.
Inutile, infine, insistere, su quegli aspetti non solo formativi, per il ruolo centrale dei docenti, ma anche sociali, per il ruolo fondamentale delle relazioni fra pari nella crescita di bambini e ragazzi. Inutile, purtroppo.
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