Più che abolire ripristinerei l’O.M n. 39 dell’1/4/2004, l’ordinanza sugli incarichi di presidenza, pubblicata normalmente a maggio di ogni anno in tempo per gli incarichi annuali di presidenza del 1° settembre successivo. Si otterrebbe la copertura immediata delle oltre 2.000 autonomie prive di dirigente scolastico.
La norma vigeva quando le scuole avevano mediamente 400-500 alunni e 40-50 docenti, ora un’autonomia scolastica viaggia sui 1.000 alunni e oltre 100 docenti, molte sedi sono vacanti e coperte con le reggenze. Con l’Istituto delle reggenze, si arriva a 2.000-2.500 studenti e 200-250 docenti per ogni autonomia-dirigenza scolastica (negli istituti tecnici e professionali le codocenze fanno aumentare il numero dei docenti), con anche 12-13 plessi da coordinare per ogni dirigente scolastico. E dal prossimo anno senza nemmeno esoneri per i vicepresidi-collaboratori vicari.
Per l’assegnazione delle dirigenze scolastiche utilizzerei il criterio del concorso sul 50% dei posti annualmente vacanti (procedura lunga, complessa e bersagliata dai ricorsi ma che dà opportunità a tutti, giovani e meno giovani) e il 50% dalle graduatorie degli incarichi di presidenza (a cui avrebbero accesso, come accadeva sino al 2006, annualmente i collaboratori vicari del dirigente scolastico), una sorta di doppio canale come si fa per le Gae dei docenti, con possibilità di accedere ad un corso concorso dopo 3 anni di incarico come dirigente alla scuola della P.A. a Roma (per adempiere al dettato costituzionale per l’immissione in ruolo, dopo aver formalmente superato un concorso).
Nei titoli per le graduatorie degli incarichi di presidenza utilizzerei soprattutto i punteggi dei docenti che hanno svolto l’incarico di collaboratore vicario (anche perché il generico titolo di collaboratore formalmente ce l’ha qualunque docente con un qualunque incarico dal dirigente, responsabile informatico-coordinatore di classe-coordinatori di dipartimento ecc. si avrebbe il caos normativo). Con ciò si valorizzerebbe molto tale esperienza, acquisita sul campo, quella di vicario-sostituto del dirigente.
In un quadro normativo che prevede da molti anni la valutazione della performance e la premialità-decreto Brunetta, dai tempi del ministro Luigi Berlinguer, di fatto mai applicato nel mondo della scuola, i collaboratori vicari sono gli unici valutati davvero sul campo dai vari dirigenti che via via li nominano, premiati o meno di anno in anno da dirigenti che via via si succedono in un susseguirsi di terzietà-incarico fiduciario.
Svolgono di fatto, con l’Istituto della delega, ruoli apicali in molti settori della vita scolastica, sostituendo il dirigente, con un riconoscimento economico misero, soggetto alla contrattazione (il controllato docente e Ata Rsu controlla economicamente il suo controllore), non pensionabile (a differenza dell’art.2 e art. 7 del personale Ata che una sorta di carriera interna ce l’ha, i docenti no). Né si può pensare che i collaboratori vicari siano nominati grazie ad un familismo amorale tipicamente italiano. Con istituti scolastici dalle dimensioni ormai notevoli (grazie ai numerosi provvedimenti di ridimensionamento) e dalle notevoli complessità giuridiche, il dirigente ha necessità, tramite il mandato fiduciario, di un collaboratore vicario efficiente ed efficace per gestire gli istituti.
Nei titoli culturali e di servizio di accesso agli Incarichi annuali per le presidenze, valorizzerei appunto solo il numero di anni come collaboratore vicario, oltre magari, ma in misura minore, il numero di anni d’incarico nel consiglio-giunta d’istituto e nel comitato di valutazione elettivo del collegio docenti (la procedura è una sorta di mix tra preside elettivo come chiedono taluni come con il rettore universitario e una procedura premiale interna).
Non inserirei nei titoli culturali i vari corsi, corsetti, master, appunto l’odierna raccolta punti e crediti, dalla dubbia efficacia, misurabilità e verificabilità. L’incarico di presidenza deve appunto valorizzare l’esperienza valoriale acquisita sul campo come collaborato vicario (la figura dell’Adjoint in Francia, che dirige istituti dalla media complessità), con qualche punto aggiuntivo se il collaboratore vicario ha operato in regime di reggenza; i vari titoli culturali, doppie lauree, ecc, possono servire nel “titolificio” del concorso per dare pari opportunità a tutti.
Non inserirei le funzioni strumentali perché l’attuale contratto consente che siano in grande numero, non più limitato come le ex funzioni obiettivo, con rischio di anarchia e nomine plurime e non chiaramente identificabili, attivando il contenzioso. I canali di accesso e reclutamento alla dirigenza sarebbero due, suddivisi al 50% dei posti vacanti annualmente: l’esperienza valoriale come vicario che porta all’incarico annuale, immediatamente attuabile e poi dopo tre anni al corso concorso (un corso di formazione di durata annuale alla scuola P.A. a Roma con esame finale) e il corso annuale alla scuola P.A. come previsto dalla attuale normativa aperto a qualsivoglia docente con preselezione a test.
Se poi si vuole mantenere l’Istituto della reggenza per integrare la retribuzione dei dirigenti, davvero non eccelsa per il livello di responsabilità che si ha, come sorta di retribuzione di risultato e posizione compensativa, questo è un altro discorso. Ma il buon funzionamento didattico e amministrativo delle scuole sono altra cosa.
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