Fra gli obiettivi della “Buona scuola” è previsto anche la costituzione del “Nucleo di valutazione” (interno ad ogni scuola e a cui parteciperà anche un membro esterno) che vaglierà il portfolio del docente. Il Portfolio sarà arricchito dai crediti riconosciuti durante la sua carriera e dal curriculum personale, i quali poi saranno inseriti in un registro pubblico, consultabile dai dirigenti scolastici, che a certe condizioni e nel rispetto della continuità didattica, possono scegliere le migliori professionalità per potenziare la propria scuola.
Tutti i crediti didattici, formativi e professionali dunque faranno parte del portfolio del docente, che sarà in formato elettronico, certificato e pubblico.
Questo per sommi capi ciò che la proposta della “Buona scuola” del Governo intende fare per incentivare i prof a migliorarsi per migliorare l’istruzione, partendo da un principio secondo il quale ci sarebbe da parte della maggioranza dei professori una forte domanda di valutazione, anche perché tantissimi insegnanti, che danno l’anima per i propri alunni, masticano amaro di fronte a chi magari fannulloneggia, svolge il programma con superficialità, non si aggiorna neanche leggendo un libro, si assenta spesso, bivacca nei corridoi invece di fare lezione: di questi tipi ne conosciamo taluni e un po’ tutti ci siamo incappati. Tuttavia le qualità di un insegnante sono misurabili?
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Secondo molti esperti, basandosi pure su esperienze estere, sarebbe necessario farlo perché porterebbe benefici, sia per i docenti e sia per le scuole.
Fermo restando che un professionista serio e che ama davvero il proprio mestiere è più stimolato dal lavoro ben fatto che dalla retribuzione che percepisce, la domanda rimane sempre la seguente: è possibile valutare un docente e se sì, come valutarlo?
Per troppi esperti, come il giuslavorista Andrea Ichino, è certamente doveroso valutare, visto che è evidente per tutti l’eterogeneità di capacità, competenze e qualità del loro lavoro. Dunque si deve introdurre una valutazione che produca effetti tangibili. E questo per evitare lo scoraggiamento di quegli insegnanti che ogni giorno tengono ancora in piedi la scuola e poi anche per mandare il segnale alle nuove leve, e in modo particolare ai migliori laureati, che l’insegnamento può dare grandi soddisfazioni sia in termini di carriera, come nel privato, e sia in termini di riconoscimento economico in funzione dell’impegno.
Chiediamo dunque ai nostri lettori, visto che ormai la strada sembra tracciata dal Miur, con quali modalità è più giusto giudicare il lavoro dei prof?
Ma prima di dare la parola ai lettori della Tecnica, vorremmo pure aggiungere: considerato che il lavoro affidato ai docenti consiste nella funzione, oltre che “insegnante”, anche in quella “giudicante”, è eticamente opportuno essere a loro volta giudicati? E da chi? Dagli alunni? Dal dirigente scolastico? Da un ispettore che si affaccia e subito dopo scompare? O da tutte queste componenti messe insieme?
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