L’anno scolastico è finito: il dirigente scolastico assegnerà i fondi per la valorizzazione del merito ai docenti.
Lo scenario è desolante. L’incompetenza e l’arroganza monopolizzano il campo delle singole scuole mentre l’elusione dei compiti di vigilanza quello ministeriale.
La legge, riconosciuta la dimensione del problema educativo, ha introdotto una struttura organizzativa tridimensionale: “Le funzioni di indirizzo e controllo spettano agli organi di governo, mentre le funzioni di gestione amministrativa, alla dirigenza” [d.lgs. 27/10/2009 n. 150 art. 37].
Si pensi a una piramide: al vertice è collocato il dirigente scolastico, l’intreccio degli organi che sovraintendono i processi formativi, i processi educativi, i processi dell’istruzione appaiono sulla base [DPR 297/99 art. 2].
Struttura decisionale confermata dalla legge 107/2015: “Il Piano dell’offerta formativa è approvato dal Consiglio di Istituto“ [comma 4].
Le scuole hanno disegnato i loro organigrammi in aperto contrasto con le disposizioni di legge (s’interroghi la rete per ottenere gli “organigrammi delle scuole”): la ricorrente rappresentazione bidimensionale, che semplifica e banalizza la finalità del sistema scolastico, dipinge il dirigente come tuttologo.
Molte contrapposizioni derivano dai due disegni: indeterminatezza Vs scientificità, discrezionalità VS oggettività; dipendenza Vs autonomia; sudditanza VS professionalità.
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