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Valutare i prof? E perché no!

La docente infatti dissente fortemente sul postulato, molte volte espresso, secondo il quale gli insegnanti si “oppongono a qualsiasi strumento di valutazione, da chiunque sia mai stato proposto, e pretendono di essere pagati tutti uguale”.
Dice la prof, e sulle cui parole concordiamo: “Noi non ci opponiamo a qualsiasi strumento di valutazione del merito, semplicemente non condividiamo (almeno la maggior parte di noi e certamente chi lavora con serietà) agli strumenti proposti come l’infelice sperimentazione partorita dall’ex ministro Gelmini.
La questione non è la valutazione in sé ma il modo in cui si pretende di valutare la scuola che non è un’azienda qualunque, dove chi è bravo e produttivo merita un premio e gli altri a casa”.
Non solo, aggiunge la docente, “nelle scuole ci sono tante variabili che condizionano i risultati, perché gli allievi costituiscono il «materiale umano» su cui si lavora, non plasmabile o adattabile alle esigenze del mercato”.
Il punto è semmai quello di coinvolgere gli insegnanti a migliorarsi. “Noi non abbiamo nulla da vendere; i «nostri» banchi sono quelli su cui siedono dei giovani che hanno diritto di imparare per non essere gli ultimi della classe, non quelli del mercato dove si vende la frutta più bella” e i dati dei test Invalsi “non possono essere strumentali alla valutazione dell’operato dei docenti. Se così fosse, vi immaginate quanti pur di fare bella figura suggerirebbero le risposte ai propri allievi?”
Né ci si può affidare al giudizio dei ragazzi o a quello delle famiglie e tanto meno a quello del dirigente scolastico che “sarebbe alquanto pericoloso: pensate forse che non abbiano simpatie e antipatie e non siano corruttibili”?
“L’unico strumento valido sarebbe l’ispezione ma, a quanto pare, quella degli ispettori è una specie in via d’estinzione: uno ogni 2.076 scuole nel Lazio, per fare un esempio.
Questa è la realtà ma non è la scuola che vorremmo”.
“Personalmente non mi sento un’eroina, ma vorrei almeno essere trattata come merito, vorrei che la mia dignità fosse salvaguardata e non passare come una qualsiasi docente (di Lettere, per giunta, con pacchi e pacchi di compiti da correggere) che lavora 18 ore a settimana e ha il privilegio di godere di innumerevoli giorni di vacanza (durante l’anno e d’estate).
Io sono pronta a timbrare il cartellino e a rimanere 8 ore a scuola, sbrigando tutto il lavoro lì, senza consumare energia a casa, tra luce e pc, senza consumare l’inchiostro della stampante e senza pagare l’adsl di tasca mia. Soprattutto vorrei tornare a casa la sera e staccare dagli impegni scolastici, anche mentalmente, fino al mattino dopo.
Ma credo che questo sogno mi accompagnerà fino alle soglie della pensione … sempre che mi ci mandino, prima o poi”.
E come non si può non condividere quanto la docente esprime con tanta lucida analisi? Si implementino le ispezioni, e non solo per indagare, capire e valutare il lavoro dei docenti, ma anche per spulciare le modalità di gestione della scuola da parte dei dirigenti, alcuni dei quali non sanno fare neanche i macchinisti, credendosi dei padroni della Istituzione scolastica, anche in termini digestione finanziaria.
Gli ispettori, chiamati oggi dirigenti tecnici, costituiti dalla legge Casati come Ispettori di circondario nel r.d. 6 dic. 1866, n. 3382, nel 2010 erano 335 ma ben 695 all’inizio degli anni ’90 e ne risultavano in servizio solo 115: 15 al centro e 100 in periferia a fronte di oltre 8.000 istituzioni scolastiche che erano molte di più prima del dimensionamento.
Fra l’altro, come è ormai noto, è in aumento  il contenzioso giurisdizionale (il 70% delle ispezioni si riferisce a problematiche relazionali e didattiche all’interno delle classi, situazioni per le quali la conoscenza del codice di procedura penale è del tutto ininfluente), mentre non si provvede neanche a utilizzare gli ispettori come esperti qualificati e autorevoli, in grado di interagire costruttivamente con le scuole, i dirigenti scolastici, gli insegnanti, per sostenere processi di miglioramento nel funzionamento delle scuole, quindi nell’insegnamento e nei risultati degli allievi.

Pasquale Almirante

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