Ritorna, su proposta dell’Anp, l’associazione dei presidi, quello che per certi versi è stato il chiodo fisso di tanti ministri della Istruzione, la valutazione dei docenti per premiare i “migliori”.
Ma è stato pure un leitmotiv che ha accompagnato le composizioni giornalistiche di tanti maestri del pensiero contemporaneo, assillati probabilmente da troppe stonature sentite e raccolte sul palcoscenico della scuola.
Sta di fatto che dopo lo scivolone di Luigi Berlinguer sul quizzone-concorsone (su cui fra l’altro l’allora minoranza parlamentare di destra scrisse pagine memorabili per osteggiarlo), ci provò la ministra Letizia Moratti, che avrebbe voluto valutare i prof per consentire loro di fare carriera, considerato che l’unico sbocco per migliorare la propria posizione era, e ancora rimane, il concorso a dirigente
Fra i valutatori del lavoro dei prof qualcuno propose di affidarlo agli alunni, al dirigente e alle famiglie.
Ma si pensò pure di istituire novi ruoli professionali, tra la base docente e il vertice del dirigente, per creare differenze di responsabilità e quindi di retribuzione. Tra queste proposte si materializzò quella di una nuova figura di sistema, che avrebbe dovuto coincidere col tutor: una sorta di super esperto che avrebbe dovuto guidare famiglie e alunni negli intricati meandri della didattica, delle discipline e degli sbocchi professionali. Un tutor-nocchiero per aiutare a sbarcare i più deboli in sponde più ridenti.
Un’altra proposta fu quella di assegnare un riconoscimento remunerativo ai professori più bravi, a quelli che in classe lavorano e lavorano; mentre, in un gradino ancora più su si pensò di collocare coloro che avessero particolari doti di progettazione, di creatività, di inventiva al di là della semplice didattica.
L’appiattimento dunque, che aveva da sempre contraddistinto il ruolo unico dei docenti, avrebbe avuto la sua ingloriosa fine per questa nuova figura.
Il problema che tuttavia subito si creò fu il seguente: “chi” valuterebbe il lavoro dei docenti e “come” ottenere questo ruolo di primo piano in una scuola dove tutto il “potere decisionale” sta nelle mani del dirigente?
Ma interessante apparve pure al tempo la proposta di indurre i prof a seguire corsi universitari di aggiornamento sulla didattica, sulla gestione delle risorse e della scuola per poi passare all’incasso attraverso l’assegnazione di incarichi particolari e propedeutici per futuri concorsi.
Tuttavia ciò che parve preoccupante, e oggi non sapremmo quali parametri verrebbero adottati, fu l’idea di affidare ai presidi o agli alunni o alle famiglie o a tutti e tre insieme, ma anche a enti esterni e comunque ricadenti nel territorio, il giudizio valutativo dei docenti per premiarli, innescando un’altra domanda: quali potrebbero essere i parametri valutativi per ricompensare i più bravi? Mentre si ipotizzò pure di richiedere il sostegno delle parti sociali, dei sindacati a cui i docenti dovevano affidare molta parte del loro patrimonio culturale e didattico.
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