Alla luce di una sperimentazione di una scuola secondaria di Roma, dove i docenti nelle proprie classi stanno mettendo in pratica modalità di valutazione in cui non si prevede di usare il voto numerico, ma il giudizio descrittivo, La Tecnica della Scuola interroga sull’argomento i propri lettori.
La domanda è: giudizio descrittivo al posto del voto numerico anche alla scuola secondaria: favorevole o contrario?
Precisiamo che nella scuola primaria il voto numerico è già stato abolito più di un anno fa, ma nella secondaria (e soprattutto in quella di secondo grado) lo si può fare? A chiarirlo il pedagogista Cristiano Corsini (Roma Tre): “Certo che è possibile e senza violare alcuna norma, al posto dei numeri si possono benissimo usare quei riscontri descrittivi che, al contrario del voto, possono incidere positivamente sullo sviluppo degli apprendimenti”. E suggerisce la buona pratica di adoperare il giudizio descrittivo nel corso dell’anno, per le singole prestazioni dell’alunno, e ricorrere al voto numerico soltanto a fine quadrimestre o a fine anno.
Perché ciò non avviene, dunque? “Per molti motivi – risponde il pedagogista – per esempio perché ci sono docenti che ignorano la normativa e credono che essa imponga loro di erogare un congruo numero di voti. Nulla di più falso. E poi ci sono gruppi di docenti e dirigenti che si autoimpongono il voto numerico, approvando regolamenti che identificano valutazione e voto e rinunciano a usare la valutazione come strategia didattica”.
Un argomento su cui molte volte è intervenuto anche il pedagogista e ricercatore Enrico Bottero, che commenta: “La riforma del sistema valutativo nella primaria ha il merito di abolire il voto e di mettere al centro la valutazione formativa, che è una valutazione per l’apprendimento; non c’è buona valutazione che non sia formativa perché, lo dobbiamo sempre ricordare, lo scopo dell’insegnante non è sanzionare ma promuovere apprendimento. Certo, c’è bisogno anche di una buona valutazione sommativa (anch’essa, però, con valore formativo). In caso contrario, si corre il rischio che la valutazione continui ad essere usata come forma di selezione e di classificazione”.
Insomma, l’idea della pedagogia è quella di associare le due formule docimologiche, quella formativa e quella sommativa/certificativa, ma in momenti diversi e in modo complementare. In altre parole – riassume Enrico Bottero – le valutazioni sommativa e certificativa contenute nel documento quadrimestrale hanno senso solo se si fondano su un percorso precedente di valutazione formativa, basato sul dialogo continuo fra insegnante e allievo e degli allievi tra di loro”.
Per valutazione formativa – lo ricordiamo – intendiamo non una valutazione dell’apprendimento ma una valutazione in funzione dell’apprendimento. La valutazione formativa serve per capire per tempo, mentre l’apprendimento è in corso, se i concetti sono chiari, se ci sono dei dubbi su certi aspetti. Ed è una valutazione che ha un impatto molto positivo sull’apprendimento degli studenti.
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