La Presidente Invalsi, Anna Maria Ajello, intervistata da Corrado Zunino su Repubblica, dichiara: “Non è diffusa una cultura della valutazione, la scuola ha difficoltà già a comprenderle, le prove”.
“La scuola da casa – spiega Anna Maria Ajello chiamando così la didattica a distanza – è meno efficace della scuola in presenza. La scuola serve, insomma, se vediamo che chi non frequenta poi ha tali arretramenti degli apprendimenti”.
Tuttavia “la stragrande maggioranza degli insegnanti italiani non ama i quiz a tempo. La scuola delle crocette è fallita, tanto più durante la DaD,” afferma il pedagogista Daniele Novara, direttore del Cpp, Centro PsicoPedagogico, e docente presso l’Università Cattolica di Milano. “No modalità trasmissiva e nozionistica della scuola. La scuola è un laboratorio, è una comunità di apprendimento”.
E ancora, in modo provocatorio: “Cosa sta facendo il Ministero per la formazione pedagogica degli insegnanti? Davvero l’emergenza sono gli edifici scolastici? La pedagogia ha abbandonato la scuola”.
Il pedagogista chiarisce poi la propria visione valutativa: “La valutazione è un diritto degli alunni. Ma quale valutazione? Una valutazione basata sui deficit? Ci sono addirittura delle prove in cui gli alunni vengono valutati su ciò che non sanno fare. Invece serve una valutazione evolutiva per capire i progressi degli alunni. Altrimenti replichiamo all’infinito quello che diceva Don Milani, ovvero valutare in modo eguale tra diseguali”.
“Dobbiamo valutare i miglioramenti degli alunni, non quali sono i loro errori, questa è una valutazione umiliante. Sono sbagliati i metodi, la scuola non si rinnova, le prove Invalsi continuano a colpevolizzare gli alunni, sono la foglia di fico di questo errore di metodo. Ma che colpa ne hanno, gli alunni, della DaD?”
Ma la presidente Invalsi si difende: “Noi non rilasciamo punteggi ma descrizione di ciò che gli alunni sanno fare. La valutazione serve perché chiama in causa la responsabilità degli adulti che sono tenuti a formare gli alunni e la responsabilità dei genitori che tengono a casa i loro figli perché i presidenti di Regione permettono loro di farlo”.
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