Ci scrive una insegnante di un istituto comprensivo abruzzese per segnalarci che nella sua scuola il dirigente “ha chiesto di ottemperare all’obbligo di rendere visibili, alle famiglie, i voti sul registro elettronico”.
“Il corpo docente – prosegue la nostra lettrice – ha avuto qualche perplessità, ne abbiamo parlato in alcuni incontri ma non ne siamo venuti a capo. L’ orientamento attuale è quello di pubblicare un voto ogni fine mese. Sarà cumulativo e inserito per le attività ‘pratiche’ pur se dovesse riguardare, ad esempio, l’orale di storia”.
L’insegnante chiede il nostro parere in merito.
Le norme in materia di valutazione in vigore sono contenute nel decreto legislativo n. 62 del 2017.
Sul punto in questione il decreto richiama ovviamente le regole del “vecchio” decreto legge 137 del 2008 che prevedevano il voto numerico anche nella scuola primaria.
Bisogna chiarire che la legge rende però obbligatorio il voto numerico nelle valutazioni periodiche: in altre parole nel documento di valutazione quadrimestrale (o trimestrale) si devono usare i voti numerici; ma nulla dice la legge sulle modalità valutative da utilizzare in corso d’anno.
La stessa circolare ministeriale n. 10 del 23 gennaio 2009 chiariva il punto: “Per quanto attiene all’espressione del voto in decimi, esso rappresenta una sostanziale novità solo per i docenti di scuola primaria e secondaria di I grado. Il suo uso nella pratica quotidiana di attività didattica è rimesso discrezionalmente ai docenti della classe, in ragione degli elementi che attengono ai processi formativi degli alunni secondo il loro percorso personalizzato”.
E’ del tutto evidente che gli strumenti di valutazione che il docente decide di utilizzare nella pratica didattica quotidiana riguardano anche la libertà di insegnamento e quindi non possono essere codificati con un articolo di legge.
Per affrontare la questione, che presenta risvolti didattici, pedagogici, psico-evolutivi e anche relazionali di non poco conto, potrebbe essere utile se il collegio dei docenti fornisse un proprio orientamento generale in modo da evitare comportamenti difformi da classe a classe che – spesso – provocano malumori fra le famiglie. Ma questa è un’altra storia.
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