Maggioranza super-soddisfatta, opposizioni all’attacco: è questa la sintesi della giornata politica al Senato dove è stato approvato il ddl sulla valutazione degli studenti e delle studentesse.
Nulla da dire, ovviamente, su diritto/dovere del Governo di modificare norme ritenute sbagliate, c’è molto da dire, invece sul metodo che è stato seguito dal Ministero e sul modo con cui l’opposizione ha giocato le proprie carte sia in Commissione sia in aula.
Intanto va osservato che la parte del provvedimento relativa alla valutazione del comportamento era stata annunciata nello scorso mese di giugno dal ministro Valditara che aveva assicurato che le nuove regole sarebbero entrate in vigore già a settembre 2023.
Ma, ovviamente (qualcuno dice “per fortuna”), le norme che regolamentano la formazione delle leggi, non si possono stravolgere a piacimento di questo o quel Ministro e i tempi tecnici non sempre si accordano con i desideri della politica.
E così il disegno di legge annunciato mesi addietro ha appena concluso il percorso al Senato e dovrà passare ancora alla Camera per essere poi pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
Da quel momento il Governo avrà 180 giorni (sei mesi!) di tempo per adottare un apposito regolamento che dovrà modificare le norme in materia di valutazione del comportamento degli studenti.
Da osservare che la procedura non sarà proprio semplicissima: sarà infatti necessario uno schema di regolamento da adottare in sede di Consiglio dei Ministri; lo schema dovrà essere esaminato dal Consiglio di Stato che avrà poi 90 giorni di tempo per esprimere il proprio parere. Solo successivamente il Governo potrà emanare il regolamento definitivo.
Se si considera che la legge andrà in Gazzetta non prima della metà di maggio e che nei mesi di luglio e agosto il lavoro istituzionale subirà un certo rallentamento si comprende facilmente che avere il regolamento pronto per settembre non sarà operazione semplicissima, anzi ci sono buone probabilità che, nel concreto, le nuove regole non entrino in vigore con l’avvio del prossimo anno scolastico.
Quanto al merito delle dichiarazioni rese dalla maggioranza, bisogna purtroppo ammettere che alcune sono anche imbarazzanti.
Il Ministro, per esempio, dice che non è vero che nella primaria si reintroduce il voto, senza però considerare che – come hanno spiegato in questi mesi docimologi e pedagogisti – una “scala” di giudizi del tipo “insufficiente, sufficiente, buono, distinto, ottimo” è per l’appunto una scala ordinale concettualmente identica alla scala dei voti numerici.
Per rendersene conto basta leggere qualche pagina di un qualsiasi manuale di pedagogia nella parte dedicata alla valutazione.
Così come basterebbe leggere qualche pagina di un testo di docimologia per sapere che “fare la media” con i voti numerici è una operazione del tutto inutile, per non dire sbagliata.
Se poi addirittura si pensa, come dichiara Frassinetti, che sia una buona cosa che il voto di comportamento “faccia media” con quelli delle discipline è evidente che si è completamente fuori strada.
Insomma, per dirla tutta, sembra che la legge approvata dalla maggioranza si basi su presupposti scientificamente discutibili.
Ed è per questo motivo che ci sembra anche discutibile la posizione assunta dalle opposizioni che hanno tentato di “emendare” un provvedimento che presenta vizi insanabili dal punto di visto scientifico.
Gli interventi dei due senatori dem Simona Malpezzi e Francesco Verducci trasudano ottimismo: entrambi si impegnano a spiegare al Governo in cosa consiste la valutazione per sostenere gli apprendimenti e la valutazione per sanzionare e selezionare.
Ma sembra davvero tempo sprecato perché ormai la maggioranza ha deciso da tempo di modificare le norme sulla valutazione degli alunni della primaria, negando i più elementari “punti fermi” della ricerca pedagogica e docimologica.
E allora, forse, l’opposizione farebbe meglio a prendere le distanze lasciando che la maggioranza si assuma, da sola, la responsabilità di andare contro il parere della comunità scientifica.
Anche se, a conti fatti, quelle della maggioranza di Governo sembrano decisioni più ideologiche che tecniche: d’altronde nel corso del dibattito in aula più di un esponente della maggioranza è intervenuto per ribadire che questo provvedimento è assolutamente ottimo perché pone fine agli sconquassi del ’68.
Insomma, come se, proprio nel 1968, si fosse approvata una legge per mettere fine agli sconquassi della Guerra di Libia.
Viene quasi da ridere.
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