Abbiamo capito cosa vuole la Giannini:
1) eliminare la libertà d’insegnamento e d’apprendimento tramite “valutazioni” discrezionali d’autorità ed una gestione privatistica della scuola incardinata sulla figura del ‘dirigente’, sulle intromissioni del capitale privato (inteso come committenza), sul collegamento ai risultati dei vergognosi test Invalsi. Nessun investimento per potenziare tempo pieno, mense, trasporti o per contenere tasse e costo dei testi. Di contro, come i suoi predecessori, neppure la Giannini s’è accorta che con 8/9 anni siamo all’ultimo posto nel continente per offerta formativa obbligatoria (10/11 la media UE) e che quotidianamente viene violato il diritto allo studio dividendo le classi a causa della riduzione degli stanziamenti per la sostituzione degli assenti (con decine di migliaia di precari cacciati dalla scuola);
2) eliminare del tutto gli automatismi d’anzianità, dopo che sono stati “congelati” e restituiti solo in parte (grazie ad un accordo-truffa sottoscritto da Cisl, Uil, Snals e Gilda) a detrimento del fondo di istituto, ormai privo di risorse per progetti, funzioni strumentali, straordinari Ata ed ore aggiuntive di didattica, ovvero di tutto ciò che serve contro abbandono e mortalità scolastica;
3) fingere di non accorgersi che retribuendo al livello più basso d’Europa i docenti ed investendo meno di chiunque in percentuale di PIL destinata ad istruzione, università e ricerca, si sviluppa una “pedagogia sociale”’ che deprime il valore della scuola e della cultura e induce da anni evasione e mortalità, le più alte addirittura nelle zone più ricche del Paese (e non più nel meridione);
4) realizzare l’ultimo punto del programma della Loggia P2 rimasto “inevaso”: eliminare il valore legale del titolo di studio, così che un laureato possa venire retribuito come se non avesse neppure la licenza elementare;
5) eliminare gli organi collegiali, trasformare le scuole in fondazioni e farle gestire da consigli di amministrazione presieduti dal “dirigente” e non più da un genitore; assumere il personale per chiamata diretta e discrezionale come nelle scuole private;
6) ridurre i licei a 4 anni, eliminare filosofia e storia dell’arte, continuando nell’opera di demolizione sistematica dei saperi e della qualità dell’istruzione cominciata con la “berluscuola” (“maestro prevalente” e soppressione dell’unitarietà didattica del tempo pieno, taglio delle ore di storia, geografia, lettere, liceo scientifico senza il latino…).
Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda parlano di contratto, ma fanno finta di non sapere che proprio grazie all’accordo siglato da loro con Tremonti siamo in blocco, che il contratto da biennale (per la parte economica) l’hanno fatto diventare triennale e soprattutto che hanno portato la scuola nel calderone indistinto del pubblico impiego, all’interno del quale vige la regola (D.L.vo n. 29/1993) che gli “aumenti” non possano superare l’inflazione programmata dalla parte datoriale (Ministro dell’economia). Per questo, col passaggio dalla lira all’euro, avemmo un rinnovo del 2% a fronte del dato Istat al 6% e di un aumento dei prezzi al consumo pari al 50%. Per questo, dal 1995 abbiamo contratti sempre sotto l’inflazione dichiarata (dato Istat) e reale (incremento vero del costo della vita) e non potremo MAI neppure avvicinarci alla media retributiva europea, ove siamo (tenendo presente anche la diversità dei costi standard) all’ultimo posto, persino sotto a Grecia e Portogallo. O si esce dal pubblico impiego e dal campo di vigenza del D.L.vo n. 29/1993, come l’Unicobas vuole da anni, o risulta persino ridicolo parlare di stipendi (…europei).
Per le ragioni su addotte, l’Unicobas vuole un contratto specifico per tutta la scuola fuori dall’area del pubblico impiego (dove non è prevista certo la “libertà di impiega mento” e dove non esistono le responsabilità penali che gravano su chi a che fare con minori) e l’istituzione di un Consiglio Superiore della Docenza (con diramazioni provinciali), adibito a garantire, così come per la Magistratura, l’autonomia e la terzietà della Scuola pubblica. Senza tutto ciò la privatizzazione della scuola e la sua subordinazione alle caste della politica ed agli interessi economici di parte, è sicura. Per tutta la scuola, docenti ed Ata, dal momento che anche un collaboratore scolastico ha competenze di vigilanza che un usciere del ministero non ha, dal momento che gli aiutanti tecnici hanno competenze di coadiuzione educativa e gli amministrativi firmano bilanci di milioni che ovunque (anche nel sistema privato) darebbero luogo a retribuzioni ben più alte.
Stefano d’Errico
Segretario nazionale Unicobas
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