Valutazione dell’insegnante: riflessioni e proposte

Premesso che la Scuola sia, da sempre, e rimanga luogo prioritario di formazione delle nuove generazioni in cui docenti, dirigenti, personale non insegnante ecc… concorrono, ognuno nell’ambito della propria specificità, alla crescita culturale, civile, morale degli alunni, consentendo quel ricambio generazionale che, da sempre, alimenta di nuova linfa ogni Paese, avverto l’obbligo morale, oltre che professionale, di esprimere qualche riflessione sull’ennesima proposta di riforma della nostra Scuola: la “Buona Scuola”. Sono una docente che opera da oltre quarant’anni in questo “Pianeta” e che ha assistito ai tanti processi di cambiamento della Scuola, avviati dai Governi che, in questi decenni, si sono susseguiti. Non c’è dubbio alcuno che, tutti, siano stati animati dal proposito di svecchiare la Scuola italiana, ormai obsoleta, adeguandola alle nuove richieste della società. Tuttavia le buone intenzioni, spesso, non si sono accompagnate a scelte adeguate ed inoltre si sono scontrate con una realtà operativa assai complessa disattendendo, alla fine, a quel mandato sociale e costituzionale, che la più importante agenzia educativa avrebbe dovuto garantire e salvaguardare: l’istruzione e l’educazione. Così, a conclusione del ciclo di studi, i nostri ragazzi, in buona parte, escono dalla Scuola con una formazione inadeguata, anche a causa di un “malinteso senso di modernità e democrazia” che determina spesso superficialità, sia nell’insegnamento che nello studio.

Di chi la colpa? Di chi le responsabilità? Non spetta certo a me sindacare. Anch’io ho operato in questo settore ed anch’io avrò avuto la mia parte di colpa e di responsabilità. Tuttavia, a fronte di una società malata e disgregata, di una richiesta forte da parte di migliaia di giovani che attendono certezze, possibilità di sfuggire alla minaccia dell’ignoranza e dell’inferiorità sociale, concrete opportunità per diventare migliori, non possiamo rimanere indifferenti. Non possiamo neppure cedere a sterili polemiche o, peggio ancora, a tentativi di strumentalizzazioni politiche: peggioreremmo solo le cose. È meglio rimboccarsi le maniche cercando di “salvare il salvabile”, se altro non ci è concesso; sforziamoci di fornire, per quelle che sono le nostre possibilità, qualche utile riflessione. Non starò qui ad analizzare i vari punti di forza o di debolezza della proposta di riforma, né tantomeno quelli che convincono o, al contrario, lasciano perplessi o scoraggiati, ma su un punto in particolare mi vorrei soffermare: quello che attiene alla valutazione del docente. Non tanto perché esso mi tocca da vicino, ma perché lo ritengo una delle principali chiavi di lettura da cui partire per correggere future gravi disfunzioni educative, nel tentativo di ridurre le distanze tra ciò che, domani, l’alunno “saprà” e quello che invece “avrebbe dovuto sapere”. Un docente libero di svolgere il proprio lavoro, senza condizionamento da parte delle famiglie e del dirigente, sgravato da carichi burocratici, servendosi della lezione frontale che, sarà supportata da quella non frontale ma mai sostituita da essa o relegata ad un ruolo subalterno, sarà anche un docente motivato e creativo. Egli potrà cioè espletare, in virtù della responsabilità che scatta difronte ai ragazzi, le sue migliori potenzialità educative. Al contrario, un docente condizionato da “valutazioni strumentali”, diverrà frustrato e demotivato e, poco alla volta, finirà per rinunciare al suo mandato sociale.

C’è da dire tuttavia, che il ruolo di colui che è preposto alla formazione delle giovani generazioni (questo chiede il Paese al docente) è complesso ed impegnativo e, in generale, il docente non teme di essere sottoposto a valutazione; d’altro canto, chi ha scelto di svolgere questa professione, sapeva già a priori a che tipo di carico etico-morale si sarebbe dovuto sottoporre. Il nocciolo della questione non è dunque “l’essere valutato” bensì il “come” e sopratutto il “chi” dovrebbe valutare.
I genitori? Gli alunni? Il dirigente?
Procediamo con ordine.
Intanto, i genitori di chi? Dei tuoi alunni forse? E con quale obiettività, intendimento ed aspettative valuterebbero? Gli alunni? Non ne parliamo nemmeno!
Resterebbe il dirigente. Su questo punto sarebbe il caso di fare qualche seria riflessione. Immaginiamo per un momento una Scuola che, benché attrezzata e supportata da personale qualificato, avesse però un dirigente non idoneo a rivestire con competenza e professionalità il proprio ruolo. In tutta onestà: potrebbe tale Scuola espletare bene il suo mandato? Assolutamente no! A meno che non diamo per scontato che il problema non sussista, che cioè il dirigente-manager sia, solo in quanto dirigente, persona capace, competente, responsabile, quindi pienamente qualificata non solo a dirigere ma anche a valutare l’operato dei suoi docenti.
Ora, volendo ragionare con un minimo di onestà intellettuale, dobbiamo riconoscere che così non è.
A questo punto è anche lecito chiedersi se l’azione del Governo, in questa riforma, sia effettivamente orientata alla salvaguardia di un’ Istituzione preposta a così alto compito. Perché, se così non fosse, avremmo solo perso tempo ma, se così dovesse essere – come credo che sia – sarebbe più opportuno e costruttivo creare i presupposti affinché “la valutazione” non diventi terreno di scontro, bensì momento d’incontro e di condivisione tra le varie componenti educative.

A tal uopo sarebbe certo più indicato creare, all’interno delle istituzioni scolastiche, seri nuclei di valutazione identificabili nel Collegio dei docenti di ogni singola scuola, che, supportati da componenti esterni (ministeriali), si ponessero con l’obiettivo di valutare le attitudini e la competenza gestionale ed organizzativa del proprio dirigente. Quest’ultimo, investito da maggiore credibilità sociale e professionale, supportato dal Comitato per la Valutazione potrebbe, a sua volta, espletare quegli atti concernenti la “valutazione” del corpo docente. A questo punto bisognerebbe fare qualche precisazione sul Comitato per la Valutazione del servizio dei docenti, già esistente nella Scuola ed eletto, con delibera collegiale, ad inizio di ogni anno scolastico con dei compiti ben precisi. Esso è attualmente costituito, oltre che dal dirigente che lo presiede, da due o quattro docenti, quali membri effettivi e da uno o due docenti quali membri supplenti, a seconda del numero dei docenti di una Scuola. Ora un tale organo, adibito ad una funzione certamente più complessa ed investito da ulteriori carichi di responsabilità, necessiterebbe perlomeno di una rimodulazione nel numero e nella composizione. Per quanto concerne il numero dei docenti membri, riteniamo che esso dovrebbe essere almeno doppio rispetto a quello attuale, per garantirne la relativa rappresentanza e competenza tecnica nei vari ambiti disciplinari: filosofico-letterario, linguistico, scientifico-matematico, pratico-operativo; per quanto attiene, invece, alla composizione bisognerebbe curarne al massimo i criteri di scelta dei relativi componenti. Sarebbe opportuno, a nostro avviso, puntare non solo sulla loro credibilità professionale, ma anche sull’anzianità e continuità di servizio nella Scuola di appartenenza, oltre che sulla credibilità sociale di ciascuno anche nell’ambito di componenti diverse da quella docente: personale di segreteria, collaboratori scolastici e genitori.
A garanzia di massima trasparenza ed efficienza procedurale.

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