Valutazione delle difficoltà di apprendimento e di lettura/scrittura in un bambino nell’età della scuola primaria.
Prima di tutto, attenzione ma non necessariamente allarme. Una lentezza iniziale è sempre possibile (legata – fra l’altro – anche all’età di nascita: un bambino del secondo semestre avrà più probabilità di essere un po’ immaturo rispetto ad uno del primo semestre dell’anno di riferimento).
Nessun allarme, ma fare attenzione, tenere un diario, controllare anche le capacità verificate fuori dell’ambito scolastico: sa disegnare nei bordi, tira una palla, esegue una consegna complessa del tipo “Vai in camera, apri l’armadio e prendi la scatola blu che vedi davanti a te”, classifica per categorie delle posate o delle matite colorate, scatta una foto con un soggetto indicato, ripeti una serie di parole.
Un’attenzione particolare va rivolta al controllo dell’udito e della vista: l’efficienza di questi sensi rappresenta una precondizione senza la quale diventa ben più arduo l’apprendimento della lettura e della scrittura. L’astigmatismo impedisce di stare nelle righe, la miopia aumenta la stancabilita’ nella lettura, un deficit uditivo crea problemi gravi all’ascolto, che è un fattore essenziale dell’apprendimento (oltre che di tutta la vita sociale).
Questi controlli hanno una tempistica, indicata dai pediatri, ma in caso di bisogno se ne possono fare anche in più.
Se non ci sono problemi, meglio. Se si manifesta ugualmente una differenza negli apprendimenti è il caso di intervenire: il pediatra può chiedere una verifica al Centro di Neuropsichiatria Infantile. Ovviamente- come per ogni altra visita medica – il genitore può rivolgersi ad uno specialista di sua fiducia. Sarà cura del genitore avvertire la scuola, e potrà anche chiedere agli insegnanti una relazione sugli apprendimenti e sui comportamenti del bambino. Se il Centro è quello del territorio è facile che gli insegnanti conoscano gli specialisti e possano sentirsi con loro.
Sia chiaro: la valutazione del Centro non indica una condizione permanente, un marchio definitivo. Nemmeno il riconoscimento di una disabilità tocca – in questi casi – ambiti che vanno oltre quelli scolastici. Diversa è la valutazione dell’invalidità.
Gli specialisti sentono il bambino e i genitori, somministrano (come si dice con brutta parola) dei test, formulano una diagnosi.
Possono dire che non ci sono problemi, ad esempio nel caso di una lentezza temporanea degli apprendimenti, oppure individuare uno fra i disturbi specifici dell’apprendimento: può essere dislessia (riferita alla lettura), disgrafia, discalculia, adhd (riferito all’attenzione ed alla concentrazione), o altro ancora. Si darà comunicazione, tramite la famiglia, alla scuola che assumerà le misure dispensative e compensative che la legge 170/2010 prevede. Ad esempio la dispensa dal leggere a voce alta, tempi più lunghi per le verifiche, fotocopie ingrandite dei testi su cui lavorare, uso di programmi di scrittura o di lettura eseguite automaticamente dal computer. Non è previsto l’insegnante di sostegno, ma il tram dei docenti deve programmare interventi specifici che vengono definiti in un Piano Didattico Personalizzato, nel quale si richiede anche la collaborazione della famiglia.
La dislessia – secondo molti autori – è in realtà il disturbo, fra questi, più diffuso, perché spesso casi di disgrafia e discalculia hanno la loro origine nella dislessia. Dislessico è chi non ha imparato a riconoscere rl’interezza della parola, la sua “fotografia “. Così il dislessico deve ogni volta decifrare la parola lettera per lettera. Questo rende più lenta la lettura e meno facile la comprensione di quanto letto. Può il dislessico imparare a leggere ? Sì, può anche studiare, e con ottimo profitto, ma la sua fatica nel leggere sarà sempre maggiore di quella di chi non è dislessico.
Va detto, in conclusione, che non si sta parlando di disturbi gravissimi. Ma senz’altro, più l’intervento è precoce e più sarà efficace.
Lorenzo Picunio
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