Con una nota diramata in questi giorni, il Ministero dell’Istruzione interviene ancora sul progetto di sperimentazione in materia di valutazione dei docenti proposto alle scuole delle città di Napoli e Torino.
Innanzitutto il Ministero allunga i tempi per le adesioni fino al 7 febbraio e allarga la sperimentazione all’intera provincia di Milano.
Non solo, ma invita anche le scuole interessate a chiedere la consulenza degli esperti del Ministero disponibili ad incontrare i docenti che vogliono avere informazioni più precise prima di prendere una decisione definitiva. Unico vincolo: la richiesta di consulenza dovrà essere trasmessa all’Ufficio scolastico regionale entro il prossimo 17 gennaio.
In due paginette allegate alla nota, il Ministero tenta anche di dare qualche risposta ai problemi più diffusi fin qui emersi:
1) vaghezza dei criteri previsti per scegliere gli insegnanti da premiare;
2) dannosità di premi che finiscano per generare liste dei “buoni” e dei ” cattivi” tali da minare la cooperazione tra gli insegnanti senza migliorare la didattica;
3) scarsità del campione utilizzato e approssimazione del protocollo di sperimentazione;
4) mancanza di una risposta all’esigenza di creare delle prospettive di carriera per i docenti;
5) questa sperimentazione serve a mascherare i tagli che recentemente hanno interessato la scuola italiana e non ha prospettive di lungo periodo perché non è inserita in un disegno organico di valutazione del sistema scolastico.
Su tutte le questioni il Ministero fornisce le proprie spiegazioni.
Iniziando dal primo punto: i criteri di valutazione che il nucleo, composto da due docenti, dal dirigente e dal presidente del Consiglio di Istituto (senza diritto di voto), dovrà considerare sono volutamente poco strutturati proprio per consentire una valutazione di tipo qualitativo.
“L’alternativa – osservano i tecnici del Ministero – era descrivere in modo preciso griglie di indicatori che alla fine producessero un numero capace di racchiudere tutto quello che un buon professore rappresenta. Avrebbero preferito questo gli insegnanti? Probabilmente no, perché sanno quanto fuorvianti possano essere questi indicatori numerici”.
“Riguardo al secondo punto – si legge nella nota – tutti i critici premettono di essere favorevoli alla valutazione. Eppure, subito dopo la premessa, lamentano il rischio che fare distinzioni tra gli insegnanti deteriori la loro disponibilità a cooperare nell’interesse
degli alunni”.
“Lo scopo di questa sperimentazione – aggiunge ancora il Ministero – è studiare come identificare quegli insegnanti sulle cui capacità umane e professionali nessuno ha da discutere”.
Sulle modeste dimensioni del campione sperimentale il Ministero risponde, per la verità in modo un po’ tautologico, che “anche nelle sperimentazioni in altri settori si inizia in piccola scala e se i risultati sono soddisfacenti si allarga”.
“I risultati di questa sperimentazione – conclude poi la nota – serviranno comunque a qualsiasi amministrazione futura, indipendentemente dal suo colore, visto che tutti, ritengono che qualche forma di valutazione nella scuola sia necessaria e inevitabile”.
Come dire: chi è pregiudizialmente contrario al progetto farebbe bene a ricordare che la necessità di legare lo sviluppo di carriera e professionalità con procedure valutative condivise è ormai ricnosciuta da molti, indipendentemente dagli schieramenti politici.
Insomma: se fra sei mesi il Ministero dovesse essere guidato da un esponente del centro-sinistra la questione non cambierebbe molto e la valutazione dei docenti continuerebbe ad essere del tutto ineludibile.
D’altra parte il ministro Gelmini lo aveva già annunciato qualche mese fa: se non si riuscirà a trovare una soluzione condivisa, il Governo non avrà difficoltà ad affrontare la questione per via legislativa.
Sembra proprio questo il senso delle ultime parole della nota ministeriale: “Se queste strade [e cioè le proposte del progetto sperimentale, ndr] si riveleranno sbagliate, a quel punto lo sapremo e ne percorreremo altre”.
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