Attualità

Valutazione educativa: serve a generare benessere negli studenti e adesso nasce un gruppo di lavoro per sperimentarla e diffonderla

Coordinamento per la valutazione educativa: così ha deciso di chiamarsi un gruppo di docenti che da diversi anni sperimenta nuove forme di valutazione in itinere.

La loro idea è quella di definire cosa intendere per valutazione educativa e quali sono i principi di riferimento.
A sostenerli nella loro ricerca c’è anche Cristiano Corsini, ordinario di pedagogia sperimentale presso l’Università di Roma Tre.

I principi della valutazione educativa

Per intanto hanno redatto un documento che riassume alcuni punti dai quali intendono partire per il loro lavoro.
“La valutazione educativa – spiegano – è una valutazione che educa, cioè una valutazione che genera benessere negli studenti e nelle studentesse e incide positivamente sullo sviluppo degli apprendimenti perché crea i presupposti metodologici e cognitivi per l’arricchimento delle esperienze future”.
E aggiungono: “Non tutte le valutazioni scolastiche o universitarie educano, dato che alcune di esse, come quelle che non descrivono punti di forza e di debolezza del lavoro svolto e non offrono indicazioni specifiche per migliorarlo, tendono ad allontanare studentesse e studenti dall’apprendimento. Decenni di esperienze e ricerche sul campo hanno consentito di individuare le caratteristiche essenziali di una valutazione che educhi”.

Ma cosa caratterizza in particolare la valutazione educativa?
“Questa può essere definita un processo che consente di pervenire a giudizi di valore, emessi sulla distanza tra il livello degli apprendimenti osservato e quello auspicato, in grado di fornire indicazioni utili per la riduzione di tale distanza.
Una valutazione che educa descrive i processi, offre a chi apprende indicazioni di lavoro e permette all’insegnante di raccogliere informazioni utili a migliorare la propria didattica”.

Nessun “buonismo”, è una scelta basata su dati scientifici

I docenti del gruppo ci tengono a sottolineare che la loro è una scelta non ideologica ma basata su dati scientifici: “Decenni di esperienze e ricerche sul campo hanno evidenziato che a incidere positivamente sugli apprendimenti sono generalmente le valutazioni che offrono riscontri descrittivi rispetto a una specifica prestazione. Tali riscontri evidenziano punti di forza e di debolezza del lavoro svolto ed esplicitano chiaramente quali azioni vanno intraprese per migliorarlo. La valutazione educativa non è dunque una valutazione “buonista” ma, al contrario, è obbligata a offrire riscontri rigorosi, usando l’errore come occasione didattica per orientare gli apprendimenti futuri”.

Ma bisogna prestare molta attenzione a come la si pratica perché, per essere davvero educativa, la valutazione deve essere una vera e propria strategia didattica.
“Per questo motivo – spiegano – crediamo che sia del tutto illusorio ritenere che cambiando la forma della valutazione e lasciando immutato il resto della didattica si possa incidere positivamente sugli apprendimenti. La valutazione educativa è fondata sulla piena partecipazione di studentesse e studenti che si impadroniscono autonomamente dei criteri valutativi come elementi che guidano il proprio apprendimento. Da questo punto di vista, forme di attivismo come la valutazione fra pari, l’autovalutazione, la didattica dell’errore e la didattica cooperativa svolgono un ruolo fondamentale”.

Non c’è scontro con il voto numerico

In quale rapporto questa modalità valutativa con il voto numerico?
La risposta la dà di nuovo la ricerca pedagogica: “Le esperienze e le ricerche sul campo hanno messo in evidenza che, nella valutazione in itinere, la scelta di abbinare i riscontri descrittivi propri della valutazione educativa con voti (numerici o meno che siano) tende a diminuire l’efficacia dell’operazione.
I voti, che nella normativa scolastica sono obbligatori soltanto sulla scheda periodica e finale, usati in itinere tendono ad avere un’incidenza nulla o negativa sugli apprendimenti”

Ma in realtà i sostenitori della proposta non intendono alimentare un inutile “scontro” con i fautori del voto numerico e concludono: “Il voto numerico nelle scuole secondarie e il livello nella scuola primaria vanno obbligatoriamente espressi non nella valutazione in itinere ma in quella periodica e finale. Per questo motivo chi applica la valutazione educativa, offrendo in itinere riscontri descrittivi, presenta una proposta di voto in occasione degli scrutini o degli appelli finali. La valutazione educativa o si applica in itinere o perde gran parte della sua efficacia”.

Nel loro sito è possibile sottoscrivere il documento e avere ulteriori informazioni

Reginaldo Palermo

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