Una prospettiva diversa per la valutazione, con cui affrontare il problema sempre ma soprattutto in questa situazione emergenziale: lo propongono due importanti associazioni professionali dei docenti, MCE (Movimento di Cooperazione Educativa) e CIDI (Centro Iniziativa democratica), con un ampio documento dal titolo “Abbiamo bisogno di scuola, non d voti” che stanno diffondendo fra i docenti.
“La funzione principale della valutazione – sostengono le due associazioni – è quella formativa, un processo di valutazione continua i cui destinatari sono sia l’allievo che l’insegnante e il cui obiettivo è il costante progredire dei soggetti impegnati in un percorso di apprendimento”.
“La valutazione che si esprime al termine dell’anno scolastico o dei trimestri/quadrimestri ha carattere sommativo – proseguono – e anch’essa può avere valore formativo, ma quando si concentra sul classificare gli individui con dei voti piuttosto che sul miglioramento individuale abolisce il valore di un percorso di apprendimento per sostituirlo con la comparazione”.
“La situazione che si sono trovate a vivere le scuole italiane in questi mesi – sottolineano ancora CIDI e MCE – può essere l’occasione per rimettere al centro la valutazione formativa e proporre una pedagogia differenziata per tutti che non si configuri come una pedagogia del recupero destinata solo ad alcuni, bensì come atto ordinamentale che segua l’evoluzione del singolo allievo, in modo tale da descriverne i traguardi formativi, in rapporto agli obiettivi di curricolari personalizzati”.
Le condizioni nelle quali stanno lavorando le scuole sono del tutto straordinarie e secondo le due associazioni vanno considerati alcuni aspetti in modo particolare: intanto, le proposte didattiche, pur nella grande pluralità connessa agli inediti sforzi del personale, risultano limitate, anche perché non sempre si riesce a raggiungere tutti gli alunni e tutti allo stesso modo; e le stesse condizioni di accesso alle proposte formative sono estremamente disuguali soprattutto perché nella maggior parte dei casi, almeno nel primo ciclo, la mediazione con la strumentazione informatica o il telefono richiede quasi sempre la presenza di un adulto.
Ma c’è anche una questione squisitamente psicopedagogica che è stato finora poco evidenziata ma sulla quale MCE e CIDI insistono molto: “La relazione educativa subisce la modificazione della tipologia di feed back significativi da parte del soggetto in apprendimento, del gruppo dei pari, dell’intero contesto classe, della famiglia, a tal punto da determinare serie difficoltà nella riprogettazione dei percorsi”.
“In queste condizioni – concludono – riteniamo siano ancora più evidenti le criticità legate alla valutazione con voto in decimi, non solo per la mancanza di elementi per poter esprimere una valutazione attendibile, ma anche per il rischio di sottolineare e quindi accentuare attraverso una valutazione di questo tipo le difficoltà sociali o legate alla condizione del momento di numerosi studenti e delle loro famiglie”.
Senza considerare che persino “in condizioni ordinarie il voto, positivo o negativo, non costituisce uno stimolo al lavoro, focalizza la prestazione solo sul risultato, inibisce l’autostima e il senso di autoefficacia”.
Per questo motivo MCE e CIDI propongono che l’anno scolastico si concluda senza voti numerici e, per sostenere le scuole in tale decisione, suggeriscono anche un modello di delibera che i collegi dei docenti potrebbero adottare già a partire dai prossimi giorni.