“Valutazione significa miglioramento continuo anche nella scuola“. Così Dario Missaglia, presidente Proteo Fare Sapere, in occasione del convegno promosso da Flc Cgil sul quale abbiamo già riferito.
“Scrivere e condividere con le organizzazioni sindacali il fatto che il lavoro debba diventare una risorsa fondamentale per promuovere un nuovo ciclo di crescita è un’ottima notizia. Ma per raggiungere questo obiettivo occorre fare una diagnosi del sistema“.
Un tema, quello della diagnosi del sistema, sul quale La Tecnica della Scuola sta interrogando i propri lettori per conoscere il loro parere sull’ipotesi che anche i docenti e i dirigenti scolastici vengano sottoposti a una qualche forma di valutazione.
“Il sistema scuola dovrebbe fare una buona manutenzione del sistema stesso, qualcosa che è attualmente del tutto assente nelle scuole – continua il presidente di Proteo -. Manutenzione significa attenzione agli uffici territoriali, ma anche agli organici sufficienti, e soprattutto significa mettere fine alla contraddizione di un sistema che si ostina a normare tutto senza poi riuscire a controllare alcunché.
Eccezioni – ricorda Missaglia – si sono verificate in due momenti storici in particolare: “al tempo del servizio di monitoraggio del Ministero quando partì l’autonomia, con l’allora Ministro dell’Istruzione Berlinguer (allora si praticava l’etica e la professionalità del miglioramento continuo); e quando si passò, negli anni ’80, dal maestro unico al lavoro per team. In quell’occasione si realizzò la migliore scuola di base d’Europa”.
“Questo deve essere l’approccio per ogni riforma nella scuola – avverte sempre Missaglia -. Le norme che sono state definite questa estate ci inquietano, in quanto non ci servono nuovi funzionari al servizio dell’amministrazione centrale. Servono persone competenti capaci di andare nelle scuole e nei territori con capacità di interloquire nelle scuole rispetto ai processi di miglioramento che si possono mettere in campo”.
E propone: “Occorre assumere 600 ispettori, gli stessi numeri dell’ultimo concorso”.
E vira sulla questione del cambio di rotta alla scuola primaria, in fatto di valutazione: “Per quanto riguarda l’abolizione nella scuola primaria della valutazione decimale, rispettate l’autonomia delle scuole – esorta – perché la pandemia ha cercato di cancellarla, e invece sono le scuole che devono autogestirsi. Il Ministero detti solo le norme generali, ma spetta alle scuole sulla base del territorio in cui vivono decidere le modalità operative“.
Quindi cita l’Invalsi, rispetto alla quale bisognerebbe fare alcune valutazioni: “L’Invalsi ha la sua inevitabile parzialità, in quanto tenta di affermare un certo tipo di modalità di prova, ma può diventare uno degli elementi che concorrono alla valutazione. L’importante è non avere la presunzione che l’Invalsi possa da sola segnare la strada per il miglioramento continuo”.
Un altro aspetto particolarmente interessante dell’intervento di Dario Missaglia è quello del calo demografo.
“Il primo grande cambiamento di sistema è rappresentato dal calo demografico, che avrà effetti sconvolgenti sulla società italiana – avverte – anche sulla scuola. 1 milione di ragazzi in meno da 0 a 18 anni nei prossimi 10 anni. Il calo è già iniziato oggi e già si sente nella scuola dell’infanzia. Allora la cosa che mi aspetterei – visto che è il tempo di dare, non di togliere – è che il Ministero lasci alla scuola quella quota di spesa che si andrà a recuperare dal calo demografico per riqualificare la scuola stessa, destinando la somma alla formazione del personale in servizio”.
Ultimo tema affrontato dal presidente di Proteo, il Pnrr. “Non basta aumentare gli asili nido se nel contempo non si dà importanza agli aspetti pedagogico-educativi delle misure poste”.
Quanto al tempo pieno, “sia il tempo di innovazione didattica, di cura delle differenze e delle disuguaglianze”.
E raccomanda: “Il tempo pieno non può essere la somma di tempo normale più terzo settore, perché se così fosse si genererebbe solo negatività”.
Infine “il tema della pandemia segni la ripartenza del mondo della scuola sul fronte culturale. Meno ego e più eco hanno urlato i ragazzi nelle strade. Al posto della competizione si parli di solidarietà. Trovo insopportabile l’arretratezza e il cinismo del ceto imprenditoriale, perché finché il sistema del lavoro continuerà a fondarsi sul precariato, i giovani se ne andranno all’estero e da noi continueremo ad avere giovani sotto retribuiti e senza prospettive di vita soddisfacenti, che alimenteranno regressioni culturali. Le aziende pongano rimedio con le scelte necessarie”.
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