Sono stato colpito dall’interessante provocazione di Reginaldo Palermo riguardante la possibilità espressa dall’onorevole Frassinetti di un ritorno alla valutazione numerica nella scuola primaria dopo l’OM 172/2020. Risulta incredibile come in un ambito sensibile come quello educativo si tenda a procedere per spot o slogan: voto sì/no, giudizio sì/no. L’applicazione di una qualsiasi innovazione richiederebbe al termine di un periodo di attuazione/formazione una seria attività di monitoraggio, verifica, valutazione ed eventuale rimodulazione: l’approccio dovrebbe essere informato, basato sulla ricerca e su evidenze che la pedagogia e le scienze dell’educazione ci possono fornire. E’ ormai diffuso ed assodato a riguardo l’apporto dato dalla ricerca di Hattie che nell’ambito della Evidence Based Education ha dimostrato il valore (in termini di efficacia e significatività) di un feedback formativo di qualità. Molto probabilmente l’eventuale ritorno al voto numerico non genererà invece una sollevazione di massa tra i docenti ed i motivi potrebbero risiedere in alcune criticità:
1. la tempistica. L’OM 172/2020 fu introdotta ad anno scolastico inoltrato (dicembre) quando la pandemia da Covid-19 non era terminata e quando, a poco più di un mese dal termine del quadrimestre, ci si era trovati in fretta e furia a dover cambiare prospettiva. È altamente probabile che per molti docenti la nuova valutazione non abbia rappresentato una priorità.
2. la sostenibilità. Il tempo richiesto per scrivere un voto numerico è ben diverso da quello impiegato per stilare un giudizio/feedback descrittivo e tale differenza la si ritrova anche nel riportarlo sul registro elettronico. Purtroppo l’OM 172/2020 non ha modificato contestualmente la durata del giorno (che rimane di 24 ore) e il tempo speso in più viene sottratto ad altro (didattica, formazione, vita personale).
3. l’attuazione effettiva. Incontrando colleghe di altre scuole ho scoperto che l’attuazione di questa riforma è stata effettuata secondo modalità diversificate: in alcuni casi i giudizi/feedback descrittivi in itinere sono stati sostituiti da sigle sintetiche quali, ad esempio, “OPR” (Obiettivo Pienamente Raggiunto), con buona pace ovviamente della qualità narrativo/descrittiva (altamente personalizzata) del feedback, la vera e propria ratio dell’OM 172/2020, ribadita nei webinar di formazione ma presente anche sulle FAQ ministeriali (n° 4, 7, 8 presenti sul sito del MIM dedicato).
4. i continui cambiamenti. La valutazione rappresenta per il docente un momento sensibile della propria vita professionale e ne consegue che ogni cambiamento, anche se in ottica migliorativa, vada a toccare un nervo scoperto che non può che innescare reazioni. Nella scuola primaria vi sono stati in questi ultimi anni una serie di cambiamenti non indifferenti riguardo la valutazione: dai classici giudizi alle lettere, per poi ritornare ancora ai giudizi (ottimo, distinto); nel 2009 il ritorno ai numeri e dal 2020 il passaggio ai giudizi descrittivi. L’eventuale nuovo ritorno ai voti sarebbe il sesto cambiamento in trent’anni: in media, quindi, uno ogni lustro.
5. un’innovazione incompiuta? Sebbene nei diversi webinar formativi sia stata spesso rilanciata l’importanza di un’estensione di questa riforma alla scuola secondaria di primo grado, la “cesura” con questa (giuridicamente in continuità con la Primaria negli IC) è evidente, nonostante a partire dal 2005 l’esame di classe quinta primaria fosse stato abolito in quanto ritenuto sensato solamente al termine del ciclo stesso. Ora, paradossalmente, il primo ciclo viene ritenuto unitario per l’esame ma non per le modalità di valutazione.
Il rischio è, a mio avviso, quello della svalutazione, che comporterebbe il non riuscire a cogliere le dimensioni positive di questo atto normativo/innovativo, un intervento che richiederebbe un approccio a 360°: dalla formazione dei docenti alla rivalutazione (sindacalmente parlando) di una funzione docente più impegnativa, da un monitoraggio ben strutturato (e non formale) ad una socializzazione degli esiti al mondo della scuola. Non sempre invece un reale supporto continuo e monitoraggio trova casa nella scuola italiana: la stessa prof.ssa Nigris, anima ed animatrice di questa innovazione, ha evidenziato come sia necessaria una formazione tappeto. In conclusione, ci permettiamo un ulteriore provocazione in aggiunta a quella citata in precedenza: è altamente probabile che in caso di un eventuale referendum sul premierato (in discussione in queste settimane) molti docenti potrebbero votare sorprendentemente a favore. Questa scelta infatti comporterebbe per il mondo della scuola un minimo di garanzia di cinque anni (eventualmente rinnovabili) di governo stabile e, di riflesso, di una linea ministeriale continuativa, dopo che negli ultimi tredici anni la scuola italiana ha avuto ben dieci ministri dell’Istruzione. Ovviamente tutto questo al netto, politicamente parlando, del diverso colore ed appartenenza.
Giacomo Rota
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