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Valutazione primaria, si cambia: ma è importante chiedersi come usare i risultati per migliorare insegnamento e apprendimento [INTERVISTA]

L’annuncio della abrogazione delle norme in vigore sulla valutazione degli alunni della scuola primaria e del “ritorno” ai giudizi sintetici sta suscitando molte discusssioni nelle scuole.
Abbiamo intervistato un testimone, Mario Fratelli, insegnante di scuola primaria dell’Istituto Comprensivo “Mastri Caravaggini” di Caravaggio (Bg). Il maestro Fratelli è uno dei referenti della sua scuola per la formazione territoriale e, a suo tempo, era stato selezionato anche per la formazione nazionale dei formatori prevista dall’Ordinanza 172/2020.

Nelle scuole che lei conosce si parla di questa novità e se sì, qual è il commento prevalente dei colleghi?

La notizia di un nuovo cambiamento nella modalità di valutazione alla Scuola Primaria è arrivata a più riprese negli ultimi mesi e ha trovato accoglienza diversa a seconda dei colleghi. In generale però ho percepito un senso di disorientamento di fronte ad annunci non sempre esaustivi, soprattutto rispetto al quadro pedagogico che ispira le scelte valutative. Chi si è ritrovato a proprio agio nel descrivere gli apprendimenti degli alunni è preoccupato all’idea di dover tornare a un giudizio sintetico. Chi ha fatto più fatica sembra sollevato all’idea di poter tornare a una valutazione più familiare.

Per il momento però non si conoscono ancora i dettagli….

Certo, aldilà degli annunci, sarà importante vedere il nuovo testo normativo nella sua interezza: i cambiamenti che si intendono apportare riguarderanno solo la valutazione intermedia e finale oppure anche la valutazione in itinere? La valutazione continuerà ad essere riferita agli obiettivi delle discipline oppure tornerà ad essere espressa per le singole discipline? Per farsi un’idea chiara occorre attendere.

Chi ha deciso per questa modifica sostiene che i genitori non sono in grado di comprendere la valutazione descrittiva prevista dalla OM 172/2020. Qual è la sua esperienza in merito?

Fare in modo che le famiglie siano messe nelle condizioni di comprendere la valutazione dei loro figli deve essere una preoccupazione della scuola. Nella mia esperienza è stato cruciale accompagnare le famiglie nella comprensione del significato della valutazione formativa e delle modalità concrete del suo utilizzo.

Nel concreto, nella vostra scuola cosa avete fatto?

Fondamentale è stato individuare strumenti di comunicazione chiari e semplici: noi abbiamo realizzato un video e organizzato un incontro per i genitori nel quale presentare i cambiamenti introdotti dall’OM 172 e raccogliere domande. È stato poi necessario darsi un tempo per accogliere la novità: le assemblee di classe o i colloqui sono stati l’occasione per chiarire eventuali dubbi. Quello che ho visto accadere è stato il passare da un’iniziale fatica, dovuta al fatto che i voti erano effettivamente più familiari, ad una progressiva comprensione del valore aggiunto costituito dalle parole dei docenti sulle varie esperienze di apprendimento dei figli. Occorre infine ricordare che l’Ordinanza impone che sulle schede di valutazione sia riportata la legenda dei livelli di apprendimento, che ciascun Istituto aveva la possibilità di personalizzare trovando le parole più adatte per le proprie famiglie.

Resta il fatto che in questi anni si sono spesi soldi ed energie per passare dal voto ai giudizi descrittivi. Cosa ne pensa in merito?

Gli ultimi anni hanno rappresentato un’avventura appassionante e complessa. Seppur con qualche resistenza, nelle scuole si è tornati a parlare di didattica, di metodologie, di priorità nella scelta degli obiettivi. Questo ha mobilitato migliaia di insegnanti che hanno avviato riflessioni e confronti. Sono stati avviati corsi di formazione e percorsi di accompagnamento da parte di enti e Università; scritti testi da parte di pedagogisti e docimologi; impiegate non so quante ore di elaborazione da parte di commissioni e gruppi di lavoro nelle scuole: penso che questo immenso patrimonio di riflessione non possa andare perso. Ritengo che fosse doveroso attivare un monitoraggio e aprire un confronto e una riflessione approfondita per fare un bilancio serio della sperimentazione prima di rimettere mano alla normativa.

Molti docenti dicono che il modello attuale è troppo complicato e richiede un impegno eccessivo. E’ vero, secondo lei?

Ai docenti sono state offerte molte opportunità formative per comprendere l’Ordinanza e per confrontarsi sugli aspetti potenzialmente critici della sua applicazione. Uno di questi è sicuramente il tema della sostenibilità per il docente di questo processo valutativo. È impegnativo? Sicuramente si. Notevole è l’impegno richiesto per monitorare nel tempo i percorsi di apprendimento di ciascun alunno della propria classe attraverso diversi strumenti di valutazione e di documentazione.

Questo impegno ha portato qualche beneificio?

È innegabile però che il quadro che ne emerge è incredibilmente più ricco e più rispondente all’unicità di ogni alunno e alla complessità di quello che accade nelle nostre classi. Credo che valga la pena affrontare questo impegno, sia per valorizzare i singoli bambini, sia per affermare la nostra professionalità di docenti.

Con le modifiche previste si tornerà ai “giudizi sintetici” (sufficiente, buono, ottimo e altro). Ma, di fatto, non è anche questa una scala simile a quella dei voti numerici?

Molto dipenderà dal quadro generale, dal quale si comprenderà quando e come verrà richiesto l’utilizzo dei “giudizi sintetici”. Non sono una docimologo ma mi sento di dire che questi giudizi richiamano, come i voti numerici, l’idea che valutare significhi collocare a un certo punto di una scala graduata. Nella mia esperienza questo ha un duplice risvolto: da una parte la sinteticità non permette di cogliere la complessità e la variabilità dei singoli percorsi; in secondo luogo il fatto di attribuire una valutazione su una scala induce più facilmente al confronto con i pari, alimentando dinamiche competitive piuttosto che la riflessione sul proprio apprendimento.

Ma è giusto che nelle scuole ci si occupi così tanto della valutazione? Non sarebbe meglio se i docenti si concentrassero di più su come insegnare meglio per far sì che gli alunni imparino di più?

Io credo che sia fondamentale che ci si occupi così tanto di valutazione. Lo credo perché non c’è questione più sensibile, e lo dimostra sia il fatto che nelle scuole ci si divida molto sul tema, sia il fatto che rientri così spesso nelle proposte di modifica da parte di chi amministra la scuola. Parlare di valutazione significa confrontarsi sulla propria idea di scuola e del ruolo che in essa si ritiene debbano avere alunni e insegnanti. È per questo motivo che parlare di valutazione non significa affatto non concentrarsi su come insegnare meglio, ma vuole dire esattamente quello.

Ma cosa c’entra tutto questo con l’OM 172 del 2020?

Diciamo che l’OM 172 introducendo le dimensioni come criterio per guidare la valutazione, ha costretto noi insegnanti a chiederci se le attività che eravamo soliti proporre promuovessero o no l’autonomia degli alunni; ci ha chiesto di ripensare la nostra didattica perché mettesse i bambini di fronte sia a situazioni note, sia a situazioni non note, dove ricorrere a diversi codici o a meccanismi metacognitivi; ci ha spronato a riconsiderare il ruolo degli alunni nelle nostre attività, valorizzando le risorse attivate da ciascuno di loro. Questo ha significato, mentre parlavamo di valutazione, concentrarci proprio su cosa e come ritenessimo importante insegnare.

Reginaldo Palermo

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