Attualità

Valutazione primaria: tornano i giudizi e forse anche le “classifiche” di alunni

Valutazione alla scuola primaria, c’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria, anzi di antico: con la riforma voluta dal ministro Valditara si torna infatti a vecchi giudizi sintetici di buona memoria che nel 2008 erano stati sostituiti dai voti numerici, a loro volta soppiantati dalla valutazione descrittiva nel 2020.
Il cambiamento va letto e interpretato anche alla luce delle molteplici dichiarazioni del Ministro e di altri esponenti della maggioranza tutte centrate sulla necessità di ripristinare serietà e responsabilità, nell’ottica di una scuola che valorizzi i “talenti” di ciascuno (proprio un anno fa – lo ricordiamo – arrivava nelle librerie il libro di Giuseppe Valditara “La scuola dei talenti”).

Ovviamente, in linea di principio, è difficile essere contrari ad una scuola “seria” finalizzata a promuovere le capacità di tutti.
Bisogna però chiedersi se davvero si può raggiungere questo obiettivo usando voti e giudizi sintetici (tra l’altro va osservato che, da un punto di vista strettamente docimologico, la scala insufficiente, sufficiente, buono, distinto, ottimo non ha nulla di diverso rispetto alla scala numerica 5, 6, 7, ecc…)
Il fatto è che la valutazione descrittiva introdotta nel 2020 era basata su un principio interessante perché mirava a fornire agli alunni e alle loro famiglie un feed-back preciso sul raggiungimento dei diversi obiettivi di apprendimento: dire ad un alunno che l’esito finale in lingua italiana è “buono” significa poco o nulla, molto più interessante appare invece fornire elementi precisi rispetto ai diversi obiettivi (comprensione del testo, competenza nello scrivere, conoscenze delle regole grammaticali ed ortografiche, capacità di esprimersi oralmente, e così via).
Una valutazione descrittiva e più analitica può servire davvero all’alunno per migliorare le proprie prestazioni, mentre un giudizio sintetico poco o nulla dice in tal senso e non facilita i progressi.

C’è poi da dire anche che il giudizio sintetico si presta molto facilmente ad essere interpretato e letto come un “giudizio sulla persona” più che sui risultati negli apprendimenti.

E questo, ovviamente, può avere ripercussioni significative sullo sviluppo cognitivo ed emotivo dell’alunno: non dimentichiamo che stiamo parlando di bambini e bambine di età compresa fra i 6 (alle volte anche meno) e gli 11 anni e non di ragazzi “strutturati” ai quali un 18 ad un esame universitario può servire per capire che forse sarebbe meglio studiare un po’ di più (o meglio) e trascurare per qualche tempo discoteche e “apericena”.

Voti e giudizi sintetici hanno poi un altro limite che è quello di facilitare e incentivare la costruzione di sgradevoli (quanto inutili) classifiche e graduatorie.
E’ forse un bene che nelle mitiche “chat delle mamme” circolino messaggi del tipo “il mio Gigi ha avuto insufficiente di inglese, i vostri bimbi come sono andati?”

Il problema è che le classi non sono campi di calcio, piscine o piste di atletica dove si va per gareggiare e per “vincere”.

Comunque, a questo punto, la legge c’è e in un modo o nell’altro andrà applicata. C’è solo da augurarsi che maestre e maestri la applichino con buon senso e, nella pratica quotidiana, cerchino di limitare i danni evitando almeno i rischi della competizione e dello studio finalizzato a ottenere un buon giudizio anziché a migliorarsi.

Reginaldo Palermo

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