Siamo alla fine del quadrimestre e nelle scuole si lavora alla compilazione del documento di valutazione degli alunni.
Nella primaria le nuove norme entrate in vigore lo scorso anno prevedono che i voti vengano sostituiti dalla valutazione formativa e quindi richiedono una particolare attenzione da parte delle scuole.
Ne parliamo con Enrico Bottero, pedagogista e ricercatore .
A distanza di un anno si può fare un primo bilancio sull’impatto che la riforma ha avuto sulla scuola primaria?
La riforma del sistema valutativo nella primaria ha il merito di abolire il voto e di mettere al centro la valutazione formativa, che è una valutazione per l’apprendimento; non c’è buona valutazione che non sia formativa perché, lo dobbiamo sempre ricordare, lo scopo dell’insegnante non è sanzionare ma promuovere apprendimento. Certo, c’è bisogno anche di una buona valutazione sommativa (anch’essa, però, con valore formativo). In caso contrario, si corre il rischio che la valutazione continui ad essere usata come forma di selezione e di classificazione.
La pedagogia parla di valutazione formativa, ma poi a fine quadrimestre i docenti devono anche fare valutazione sommativa; non è un paradosso?
Il passaggio dal voto alle rubriche valutative previsto dalle norme ministeriali è stato certamente positivo. Se ben fatto, seguendo le linee guida, introdurrà una forma di valutazione più attendibile fondata su obiettivi di apprendimento, criteri e indicatori.
Perché essa abbia un senso e non ricada nella valutazione selettiva deve essere preceduta da una buona valutazione formativa, è quella che l’insegnante pratica ogni giorno. La valutazione quotidiana non può né deve essere sempre registrata con le rubriche valutative (la formalizzazione della valutazione non deve ossessionare il lavoro dell’insegnante). Ha come scopo principale l’autoregolazione dell’apprendimento da parte degli allievi, cioè la loro capacità di interiorizzare l’esigenza di rigore, esattezza e verità attraverso l’autovalutazione. Ciò avviene attraverso il dialogo continuo fra insegnante e allievo e degli allievi tra di loro. Le valutazioni sommativa e certificativa contenute nel documento quadrimestrale hanno senso solo se si fondano su un percorso precedente di valutazione formativa.
Mi pare di capire che uno dei requisiti fondamentali è quello di coinvolgere l’alunno nel processo di valutazione.
Bisogna insomma attivare procedure di autovalutazione. E’ così?
Sì, è proprio così, perché se è vero che lo scopo autentico è la formazione e quindi l’autoregolazione degli apprendimenti da parte dell’allievo non è possibile autoregolarsi se non ci si autovaluta. Una delle attività importanti dell’insegnante deve essere proprio quella di aiutare il ragazzo ad autovalutarsi, cioè a riflettere sui propri processi cognitivi ed eventualmente a modificarli.
Può farci un esempio?
Potrei riferirmi a una delle pratiche più note della pedagogia Freinet, quella della lavorazione del testo libero. Ogni ragazzo produce un testo libero che nasce da una sua esperienza personale (non ha niente a che fare con il tema assegnato dal docente); i testi che ogni allievo mette a disposizione vengono letti da tutta la classe la quale ne sceglie alcuni da discutere e da pubblicare sul giornale della classe e magari da utilizzare nella corrispondenza con altre classi. A quel punto inizia la lavorazione del testo con una discussione collettiva. La discussione induce l’autore del testo a riflettere su quello che ha scritto e a interiorizzare i propri processi cognitivi. Vygotskij ricordava che ogni apprendimento richiede il passaggio dall’interpersonale all’intrapersonale. E’ quello che accade in questo caso.
Possiamo ragionevolmente affermare he il contesto della classe cooperativa è il terreno privilegiato per fare valutazione formativa e autovalutazione da parte degli alunni?
Certamente, l’autovalutazione è possibile solo se sollecitata da un rapporto interpersonale; un ragazzo non può autovalutarsi se non si può confrontare sui suoi prodotti con un collettivo (la classe intera), con singoli compagni (aiuto reciproco) o con l’insegnante.
Tutto questo cosa c’entra con la valutazione quadrimestrale?
C’entra molto perché le attività didattiche (il testo collettivo e molte altre) tengono conto di una programmazione puntuale (ma flessibile. Ricordate Mario Lodi che partiva ogni giorno dalle esperienze dei ragazzi?) che prevede obiettivi di apprendimento definiti in modo individualizzato almeno sui tempi brevi e medi. A fine quadrimestre il team di classe è chiamato a valutare sulla base di ciò che ha potuto osservare nei mesi precedenti, cioè se e come quegli obiettivi sono stati raggiunti da ciascun alunno, non per classificarlo o giudicarlo ma per orientarlo nei percorsi successivi. Non dobbiamo mai dimenticare che il compito primario dell’insegnante è formare, non valutare.
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