Uno degli aspetti più complessi e delicati della scuola è la valutazione delle conoscenze e competenze dell’alunno. La scuola è innanzitutto il luogo in cui il giovane deve formarsi, informarsi ed istruirsi nell’ambito di un processo educativo più generale. La scuola è il luogo, come qualcuno ha affermato ultimamente, al quale affidiamo i cervelli dei nostri ragazzi; ma la scuola è, oserei dire purtroppo, anche il luogo della valutazione con griglie e parametri che si sforzano di essere obiettivi, ma che mai potranno esserlo. L’insegnante non è una macchina e l’alunno non un “motore” esecutore.
Nella valutazione sono coinvolti due soggetti, docente e discente, due soggetti che ,in quanto tali ,non potranno mai sfuggire ad elementi appunto soggettivi nella processo di valutazione. L’uno e l’altro potranno avere una percezione e/o visione diversa delle conoscenze e dell’elaborazione delle stesse.
Il dato obiettivo della conoscenza può prevedere un campo obiettivo di valutazione, ma l’elaborazione del dato conoscitivo, la sistemazione logica dello stesso nel processo cognitivo e la priorità di quello nella personale edificio culturale può non corrispondere con le aspettative della scuola come di quelle personali, seppure inconsapevoli, del docente.
Non è questo il luogo per discutere diffusamente di valutazione degli alunni, ma pare giusto far notare che l’ansia di valutare può spingere alla deriva, verso una scuola che non si preoccupa più della crescita intellettuale globale del giovane. In definitiva la scuola più che chiedersi se un ragazzo vale uno o dieci, forse sarebbe meglio se si chiedesse se sta facendo dell’alunno una persona in grado di utilizzare le conoscenze, per avere un pensiero personale e libero. L’alunno entra pressoché “nudo ” nella scuola per uscirne con l’abito del libero pensiero.