La guida per gli aspiranti dirigenti scolastici della Tecnica della Scuola: cosa bisogna sapere per superare il concorso in attesa del bando? Oggi parliamo di storia della valutazione scolastica.
I problemi della valutazione scolastica si intrecciano con la storia della docimologia anche se è bene precisare che il tema della valutazione non si riduce alla ricerca docimologica. La docimologia (il termine deriva dal verbo greco dokimàzein che significa esaminare) nasce in Europa negli anni ’30 con gli studi di Henri Piéronche che la definiva come studio destinato alla critica e al miglioramento delle votazioni scolastiche.
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Fin dagli inizi molti studi avevano evidenziato che ciascun valutatore è sensibile ad alcune caratteristiche delle prove mentre tende a trascurarne altre. Il risultato era che i punteggi attribuiti dai vari correttori davano luogo a distribuzioni diverse (ognuno interpretava a suo modo una scala di voti); non c’era concordanza tra correttori e per ottenere un voto più attendibile il numero dei correttori sarebbe dovuto essere altissimo.
Un excursus storico
In Italia le prime ricerche in ambito docimologico risalgono agli anni ’50; fra i primi ad occuparsene furono Luigi Calonghi e Aldo Visalberghi (è di questo pedagogista va l’importante volume Misurazione e valutazione del 1955).
Dal punto di vista normativo va ricordata innanzitutto la legge 517 del 1977 che aveva introdotto la Scheda personale dell’alunno. Alla scuola elementare (come allora si chiamava la primaria) era prevista una “valutazione adeguatamente informativa sul livello globale di maturazione”, mentre alle medie (la secondaria di primo grado) si parlava di “motivati giudizi analitici per ciascuna disciplina” e di una “valutazione adeguatamente informativa sul livello globale di maturazione”.
Nel 2008 con la legge 169 vengono cancellate le disposizioni sulla valutazione contenute nella legge 517/77 e si reintroduce l’uso del voto numerico. La stessa legge istituisce anche la certificazione delle competenze.
Nel 2009 viene approvato il DPR 122, ossia il “Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni” che fornisce un quadro completo delle norme sulla valutazione nel primo e nel secondo ciclo d’istruzione.
Nel 2017, in applicazione alla delega contenuta nella legge 107/2015 viene emanato il decreto legislativo numero 62 che riordina l’intera materia della valutazione relativamente al primo ciclo di istruzione e definisce le norme di materia di esami di Stato sia del primo che del secondo ciclo.
In applicazione del decreto legislativo è stato poi adottato dal Ministero il decreto ministeriale 742/2017 con il relativo modello di certificazione delle competenze.
Nel 2021 in applicazione al Decreto L.vo 61 del 2017 sulla Istruzione professionale viene adottato il decreto ministeriale n. 267 con cui vengono definito il modello di certificazione delle competenze per i professionali.
Già nel 2020 era stata approvata un’altra legge di particolare rilievo riguardante però solamente la scuola primaria.
Si trattava del decreto legge 104 del 14.08.2020, convertito poi nella legge 126 del 13.10.2020 che prevedeva l’abolizione del voto numerico nella scuola primaria sia per la valutazione finale sia per la valutazione intermedia. Alla legge fece poi seguito l’Ordinanza ministeriale del 4.12.2020 che forniva concrete indicazioni finalizzate ad introdurre nella scuola primaria un modello di “valutazione formativa”. Si ribadisce in tal modo che funzione principale della valutazione è quella formativa: la valutazione, cioè, non è un fine in sé ma uno strumento per favorire l’apprendimento attraverso l’autoregolazione.
La valutazione del sistema scolastico
Abbiamo parlato fin qui della valutazione pedagogica, gestita e organizzata dagli insegnanti; altra cosa è la valutazione istituzionale gestita dal sistema formativo organizzata dai decisori amministrativi e politici che ha lo scopo di conoscere, controllare e regolare il funzionamento del sistema scolastico.
Per questo genere di valutazione si utilizzano strumenti particolari, come per esempio le prove «standardizzate» (le prove Invalsi ne sono un esempio) che però non possono in alcun modo essere utilizzate per «valutare» le prestazioni del singolo alunno.
Nel nostro sistema questa valutazione è affidata all’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione).
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